la solitudine dell'ablativo assoluto
- orso bruno
- 17 nov 2015
- Tempo di lettura: 2 min

Pensare.
Già, una parola semplice.
Ma complessa nella sua effettiva esplicazione pratica.
Pensare: lo si può fare secondo i modi della linearità o secondo i modi della non linearità.
Nel primo caso la logica della separazione, delle categorie nette: questa è la causa, questo è il tempo, questa è la materia, questo è lo scopo, e via dicendo.
Nel secondo caso la logica della relazione, delle categorie che non hanno nome, che rimangono sospese e indecidibili: l’assoluto, ovvero – filologicamente ed etimologicamente – l’ ab – solutus, quello che è ‘sciolto da’, che non ha relazioni ‘ evidenti’, che non possiamo nominare con vocaboli che già esuistano nella nostra lingua, cioè nei codici che la tradizione ha elaborato per dare ordine al disordine.
‘Assoluto’ quindi non nelle svianti derive misticheggianti delle religioni: non un rinvio ad un trascendente, ma semplicemente un rinvio ad un immanente che non è possibile immediatamente categorizzare’, inscatolare nel dejà – vu.
2.
Le due modalità non sono in opposizione ma si rapportano secondo un legame di complementarietà.
Il pensare lineare è necessario in situazione, nell’hic et nunc, per agire dentro lo specifico spazio tempo entro cui spendiamo le nostre vite attimo dopo attimo. Devo rapportarmi alle cose nei termini semplici e rapidi della soluzione dei problemi: questo che mi si para davanti è o no ‘causa’ di pericolo?
Il pensare non lineare è necessario se ci si proietta nello spazio tempo futuro (o passato): se si vuole avere la possibilità di agire sulla lunga durata: non quello che è sotto gli occhi ma quello che dobbiamo ‘immaginare’ , e la cui relazione con il presente è appunto da ‘costruire’.
Il pensare lineare è tipicamente ‘estetico’ e ‘tecnico’,quello non lineare è tipicamente ‘etico’ ed ‘economico’, ovvero umanistico.
Il primo poggia sul riduzionismo epistemologico (e lo incrementa),il secondo sulla amplificazione epistemologica (e lo incrementa).
3.
Oggi la scuola vira decisamente verso la dittatura del pensare lineare, abbandonando quello non lineare. Ancor più si può dire per i mass media.
La prima in qualche modo privilegia tecnicismi di ogni tipo, a partire dal modo di studiare e imparare le lingue (tradimento dell’umanesimo).
I secondi privilegiano (salvo riserve indiane di canali tematici e di programmazioni ipernotturne) le modalità estetiche del ‘mi piace’ / non mi piace.
4.
Nessuna meraviglia circa le reazioni della massa rispetto ai fatti di cronaca, di qualunque tipo ed entità.
Un incidente, due ex amanti che discutono in tv. Gossip sui vip. Attentati. Scandali finanziari.
Solo pensiero lineare. Solo immediatezza, certamente necessaria per prendere atto del cosa accade. E poi ci si ferma lì, si insiste lì.
Si gioca sull’economia da cui sono regolate le nostre macchine, i nostri corpi, i nostri cervelli. Siamo fatti per spendere meno energia possibile, in quanto animali. Ed è logico che lì torniamo per ‘star bene’, per restaurare lo stato di equilibrio ottimale. Poco stress, più benessere.
L’uomo può essere tale però solo se si allontana dalla logica del minor sforzo, se si abbandona all’abisso dell’ablativo assoluto.
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