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Ascensore per il patibolo

Il testo

le esistenze di Julien Tavernier e Florence dipendono da Simon Carala: l'uno,ex ufficiale dell'esercito, svolge mansioni manageriali nell'impresa di Carala, ovvero traffico d'armi;l'altra ne è la moglie,insoddisfatta. Entrambi cercano di modificare il senso della loro vita eliminando quello che a loro sembra l'ostacolo per la realizzazione della loro felicità,cioè Carala. Presi dalla passione, progettano con freddo raziocinio un finto suicidio dell’imprenditore. Arrampicandosi con una fune fino al piano in cui si trova l’ufficio dell’industriale, Julien lo uccide con una pistola e poi costruisce con fredda accuratezza la scena del suicidio.

Una volta in strada però, si accorge di aver dimenticato la fune con la quale è salito fino all’ ufficio del capo: torna allora nello stabile,senza farsi vedere dal portiere,riesce facilmente a mettere a posto le cose e riprende l'ascensore per andare all'appuntamento con Florence: ma è in questo momento che vi rimane bloccato, poiché il guardiano,prima di uscire, sicuro che non ci sia più nessuno, ha staccato la luce generale, come consiglia la logica protocollare dell'economia moderna.

Questo inconveniente ,determinato dalla mancata corrispondenza di due diverse razionalità (quella del sistema generale che procede secondo automatismi e quella del singolo che procede sulla spinta di emozioni contingenti e di progetti specifici) si trasforma in ina imprevista opportunità per un'altra coppia di amanti. Due ragazzi, una fioraia ed una sorta di teddy boy(Louis) vivono ,come è proprio della gioventù postbellica, entro una prospettiva leggera delle mode. figli della nuova società del consumo, si limitano a voler ripetere quel che vedono luccicare intorno a loro: ammirano gli oggetti che segnano lo status symbol (l'auto e i vestiti di lusso) e,lontani dalla percezione del 'peso' di fatica e investimento che sta dietro ognuno di quegli oggetti - merce, si limitano all'uso, al possesso casuale, per entrare facilmente nei panni di quei modelli sociali che per loro sono di 'successo'. insomma ,come facciamo tutti ogggi, vivono il presente come 'occaione' da cogliere . Rubano quindi l’auto di Julien, e giocano a vivere un po’ la vita elegante e ricca del manager: l'auto non serve per risolvere problemi di lavoro (funzionali) ma proprio solo per andare 'in giro', secondo una finalità solo estetica (piacere). la loro smania di 'mimesis' li porta a 'concorrere' con un'altra auto sportiva e finalmente si ritrovano ,a forza di ripetere i movimenti dei padroni dell'altra auto, in un un motel. Qui il bulletto che ha indossato i vestiti di Julien, si propone non con il suo vero nome ma con quello di Julien.

Il vero Julien è ancora bloccato in ascensore con freddezza si muove dentro quella gabbia meccanica alla ricerca di qualche via d'uscita: il suo volto non dà segni di paura o tensione, ma solo segnala la determinazione di chi ne ha visto di peggio e procede come vuole l'etica borghese ad esaminare in modo analitico lo spazio entro cui si trova rinchiuso. Nel frattempo Florence,stupita per il mancato arrivo di Julien,si muove per la strade alla ricerca del suo amante:quando i ragazzi hanno rubato l'auto di J:,le i la vede sfrecciare per strada e scorgendo dal lato del passeggero il bel viso della fioraia,inferisce che Julien la sta tradendo: anche lei ricorrendo alle pratiche alte della cultura borghese (abduzione) cade nella trappola della Logica moderna e in effetti dà spazio massimo proprio alla emotività che meno ci consente di controllare il flusso delle cose.

Errori continuano a commetterli comunque anche i due ragazzi ,rappresentanti della ribellione giovanile ai valori tradizionali dell'investimento, della rinuncia, del self control: per loro le cose sono da prendere tutte e subito, va scelta la trasgressione , il godimento, senza minimamente pensare alle responsabilità, Cercano intanto di svignarsela in piena notte senza pagare il conto;ma non contenti di questo, pensano pure di rubare l'auto dei tedeschi, con cui durante la serata avevano fatto conoscenza. Naturalmente il tedesco, che aveva rivelato di essere un mercante, aveva capito l'imbroglio dei ragazzi e,stando sul chi vive, li sorprende e li tiene sotto il tiro di una pistola: Louis si ritrova,rovistando tra le tasche del giubbotto di Julien, una pistola e semplicemente la usa senza nemmeno pensare a cosa sta facedno. "Passage a l'acte" che improvvisamente mette i due giovani davanti all'evidenza del disastro procurato:fuggono, si chiudono in casa e pensano di risolvere la questione suicidandosi:ancora un suicidio,stavolta vero, e naturalmente non riuscito. Ogni volta che qualcuno 'progetta' qualcosa prima di agire ,l'effetto è differente da quello previsto:stavolta la ragazza non sa calibrare la quantità di pillole necessarie per uccidersi davvero!!

La stessa notte Florence è in giro per le strade. E' una vera e propria quest: è come un cavaliere che s'inabissa per i meandri della foresta alla ricerca del Monstrum, dell'Oggetto del desiderio, senza ovviamente mai trovarlo . nel suo movimento ripete anche le giravolte del flaneur che finisce per sperimentare quegli aspetti del reale che altrimenti non avrebbe modo di conoscere: bar, strade, ubriachi, aspirazioni, equivoci, fino a ritrovarsi in commissariato. un mondo notturno animato da gente che vive ai margini della luce speldente degli affari, dell'economia,della produzione:un mondo di persone che si attardano a bere,a giocare, a 'perdere tempo'. la sua ricerca apparentemente è a vuoto,ma di fatto finisce per immetterla dentro un cotè di simili:scopre che tanti sono quelli che vivono la vita di notte, nel buio, con più senso di quanto dia il giorno pieno con le sue evidenze. tutti come lei hanno davanti Oggetti del desiderio che sfuggono, che sono sfuggiti, e che cercano di sostituire con qualcos'altro. provvisorio,terribilmente mortale come segno di Thanatos.

Al mattino i giornali riportano la notizia dell’omicidio dei due tedeschi incolpando Julien Tavernier, del quale è stata trovata l’auto, il cappotto e la pistola, e di cui erano state lasciate le generalità alla reception del motel.

Viene incaricato di trovare l’uomo l’ispettore Cherrier il quale con la polizia va a controllare il suo ufficio. l'ironia della situazione è nel fatto che l'apparato burocratico che ha lo scopo di assicurare la 'giustizia', che ha una struttura protocollare esatta e minuziosa per arrivare a svolgere con efficacia il suo compito, è peopeio quell'elemento che permette al ricercato di sfuggire alla cattura. Naturalmente Julien si nasconde per la questione del finto suicidio di Caralà e non sospetta della presenza della polizia. Così, quando riattivata la luce generale nel palazzo, egli riesce a uscire dall’ ascensore e dal fabbricato, entrato in un bar per fare colazione, è riconosciuto ed arrestato per l’assassinio dei due turisti.

Nel frattempo la polizia,ritrovato il cadavere di Carala,ipotizza che si tratti di un vero suicidi: quindi il piano dei due amanti ha davvero avuto successo!. Ma Florence, che nel frattempo ha pure saputo della storia del motel, per scagionare Julien, va a casa della fioraia, che nel frattempo ,come detto sopra, ha cercato - in modo inetto -di suicidarsi con il suo ragazzo. Florence li accusa entrambi dell’omicidio per cui è in carcerato Julien, ma Louis a questo punto,leggendo la cronaca e vedendo le foto di Julien sul giornale, capisce che se la può cavare a condizione di recuperare la piccola macchina fotografica che apparteneva a Julien e che avevano usato la sera prima per fare foto con i due tedeschi. Si precipita nel laboratorio fotografico del motel,dove ad attenderlo c’è Cherrier, che lo arresta.

la conclusione vede un dialogo tra il commissario e Florence: l'uomo ha ormai capito l'intreccio di situazioni e commenta amaramente come i protocolli giudiziari consentano alla donna di evitare la pena di morte.

la scena finale riprende quella iniziale: primo piuano sul volte di Florence che reclama tenacemente la sua aspirazione all'attesa. Dieci ,venti anni e poi:::

Il sotto testo

Secondo dopoguerra :società dinamica, aperta rispetto a quella rigida della modernità della rivoluzione industriale.Comincia a venire fuori sul piano strettamente sociale, e non solo su quello culturale delle elite , l’individualismo come forza in contrasto con la fino ad allora prevalente razionalizzazione.Le utopie della modernità della scienza e dell’industria hanno mostrato i loro limiti: le guerre mondiali, le guerre imposte dai processi attivi della decolonizzazione,l’emergere delle contraddizioni tra la Grande Promessa (felicità per tutti i membri della comunità) e il risultato delle distruzioni materiali e morali subite dai singoli,progressivamente spostano il focus dalla possibilità (necessità) di un agire comune (un Noi) ad una possibilità (necessità) di un agire individuale (un Io) per continuare a muoversi nella logica dell’homo faber che si sente protagonista della Stria, che vuole “fare storia”.Questa nuova percezione del rapporto con il Tempo emerge in modo clamoroso nelle varie espressioni delle culture giovanili che dagli anni Cinquanta in poi elaborano più o meno spontaneamente, più o meno consapevolmente, delle strategie di sopravvivenza che di fatto si pongono contro le pratiche della tradizione, dell’uomo weberiano dedito al risparmio, all’ autopunizione, alla continua procrastinazione del risultato (il Progresso, il Futuro migliore,il Sol dell’Avvenire ecc.) e agitano strategie di immersione nel presente,di affermazione dei diritti del singolo “qui e ora”, con o senza comunità.

Le subculture che infine sfoceranno nel movimento del ’68 hanno origine ben prima e sono sostenute fondamentalmente da questa feroce volontà di vivere adesso la propria vita, di rifiutare le logiche dell’attesa, di cercare il “successo” prima possibile: la chiave simbolica è la trasgressione e l'eccesso,con l'assenza della responsabilità.

Lo sfondo culturale (magari lontano e fumoso) di questa condizione è per la Francia degli anni Cinquanta l’esistenzialismo[1]. Sul piano dell’arte si affermano in quegli anni nuovi processi (il nouveau roman,l’ecole du regard [2] la nouvelle vague[3]) che in maniera diversa testimoniano delle trasformazioni in atto. Nel nuovo individualismo che si comincia ad affermare nel secondo dopoguerra spiccano varie linee di ricerca: in effetti si tratta di varie derive che promettono di allontanare in un modo o nell’altro il singolo dalla pressione coattiva delle regole – convenzioni sociali. In pratica sono delle vere e proprie tecniche di autoaffermazione le vie (spesso complementari) dell’estetica e dell’etica,la prima caratterizzata dall’abbandono al ‘piacere’ delle passioni, anzi delle emozioni,l’altra caratterizzata dalla sottrazione delle passioni dalla sfera dell’azione. In sintesi si ha una vera e propria estetica del consumo: certo di prodotti alternativi (musiche, liriche, vesti,gerghi,mode ) ma sempre consumo, che trova ovviamente grande credito e appoggio nella cosiddetta Industria Culturale. Le scelte vengono effettuate sempre dentro il Mercato ma presso un banco piuttosto che un altro: jeans invece che pantaloni di flanella, per intenderci, ma sempre pantaloni. Anzi più pantaloni, perché ovviamente i jeans cambiano continuamente forma, secondo i dettami di questa o quella codificazione, apparentemente anonima ed emergente, ma – come si capirà sempre più col tempo – etero diretta.

Un’ etica del cinismo, della rassegnata accettazione delle regole del gioco: il trionfo del “senso del reale” che glorifica le strade del successo a ognun costo. La fine della Grande Promessa di una Nazione (che pensa a tutti) impone l’amara e inquieta via della lotta solitaria,senza altre regole che l’efficienza,la riuscita.

Naturalmente l’industria culturale continua a sfornare prodotti edificanti in cui tutte le ciambelle riescono col buco e tutti i brutti anatroccoli diventano cigni: perciò l’esperienza realistica e disincantata delle cose che succedono loro spinge i giovani (alcuni giovani) a scrivere altro da Hollywood, a descrivere cioè l’esistente,il non – tutto lacaniano che esiste nel mondo concreto al di là degli schemi e dei concetti che vengono in genere imposti per vedere ordine dappertutto.

Alla luce di questo sfondo, si capisce facilmente l'esemplarità negativa dei protagonisti di questo film: dominati dal disincanto etico, hanno ovviamente dei desideri da realizzare,ma sanno che tutto dipende dalla loro inziativa, non più dalla cura del sistema - patria. Pensano che la loro vita assume senso solo se si agisce adesso e contro l’Altro; ma secondo due procedure e consapevolezze diverse.

La via della consapevolezza tragica è il caso della coppia dei protagonisti. Razionalizzano il Tempo in modo da avere alla fine dell’Azione il Risultato che vogliono, nelle forme del 'progetto'; figli della tradizione razionalistica, semplicemente applicano alle loro vite private quel che finora (e ancora ) si applica soprattutto alle strutture di grande impegno (istituzioni politiche, amministrazione, industria, imprese economiche..). sanno del disastro che è avvenuto (Julien è un ex soldato che cede alla delusione delle sconfitte e dell'evidenze degli opportunismi dietro gli alti ideali)

La coppia dei deuteragonisti (la fioraia e il suo amichetto) si propone invece come esemplare della via estetica,lontani dalla riflessività, lontani dalla consapevolezza, vittime già delle procedure fagocitanti della società di massa, dell'industria culturale,della scoietà dello spettacolo: fanno semplicemente quello che i sensi suggeriscono in situazione. La visione, la presenza di una automobile elegante, impone su due piedi l’azione, il passaggio all’azione, senza mediazioni intellettuali. Sono – come si direbbe oggi nel linguaggio para romantico dei media – personaggi ‘autentici’ ovvero - per dirla con più pertinenza- dei ‘coatti’,cioè non - persone che agiscono non con la consapevolezza (tragica appunto) del ‘copione’ che stanno interpretando,ma sotto la spinta di meccanismi che non riescono né a capire né a controllare. “Mi piace quindi lo faccio” potrebbe essere il loro slogan. Storie del genere in fondo sono cronaca degli anni Cinquanta come della nostra contemporaneità .

naturalmente sappiamo che oggi quasi tutti sono (siamo) dominati da questa doppia deriva di opportunismo cinico e di sfrenatezza del godimento. e vediamo che davvero molti ce la fanno a realizzare questi piccoli obiettivi dell'immediato: il mondo reale non ha, non ci offre 'senso'.

in un testo artistico però quel che fa la differenza è l'intenzione dell'autore, che costruisce 'mondi' testuali in cui le cose funzionano in modo coerente con le sue visioni. a differenza del divenire fluido del reale, un ‘testo’ - qualunque testo artistico - con la sua cornice vuole dare una ‘forma’ al divenire quotidiano: e la coppia inizio / fine segnano i confini precisi del 'senso' del testo. Insomma è appunto la conclusione a dirci come vuole il regista che vediamo le cose: in questo caso non è hollywoodiana (cioè in direzione – ancora- di un mondo felice in cui finalmente i conflitti si appianano),ma modernistica, in direzione della dimostrazione del disordine che sempre sottostà alle ‘belle forme’ del Simbolico occidentale,del mito della Grande Promessa (secondo cui ci aspetta prima o poi ineluttabile un happy ending!! si pensi al mito del Progresso,al Millenarismo ecc.)..

Malle mette in chiaro che gli effetti dell' agire i dei suoi protagonisti (che seguano le vie dell'etica o dell'estetica) sono distruttivi non solo per gli altri (i morti ammazzati) ma anche per sé (la prigione).In ogni caso anche in questo caso la chiusura non è rettilinea ma ambigua:qualcuno va in carcere, ma altri no. E non è detto che i cattivi siano davvero puniti.La Legge (la struttura che permane dello Stato Gabbia) applica regole,reprime, ma in modo imperfetto: non si preoccupa certo di perseguire davvero la Giustizia, ma semplicemente di mettere in atto delle procedure, che sono esse sì ontologicamente indiscutibili. Il puro movimento non la meta è importante!Ulteriore motivo di disillusione.

Ma del resto il vero motivo perturbante che emerge al fondo del film è in fondo scoprire che le nostre azioni nascono dallo stesso atteggiamento: ci si sente destrutturati,allontanati dalle proprie certezze quando si capisce che i cattivi non sono poi così scontenti anche se falliscono: mettendosi in movimento(per Cambiare) sembra che sospendano d’improvviso la propria realtà,senza star troppo a calcolare quel che verrà,limitandosi a sperare che qualcosa di buono – per loro – scaturirà dallo stesso movimento di cambiamento. Insomma per loro (con loro) comincia a venire fuori la possibilità di rifiutare sia la pura e semplice routine dell’agire tradizionale (che pure garantisce una quieta sicurezza di ripetizione) sia il lineare e deciso progettare il futuro (ovvero il marchio stesso della modernità).

Si torna a casa noi spettatori affascinati dalla possibilità di trovare ‘godimento’ dal fatto stesso di cambiare,dal bisogno di nuove situazioni, non importa quali.Insomma è la scoperta del RISCHIO, anzi del piacere che deriva dal brivido del RISCHIO. Juoissance o pulsione di morte sono i termini che gli studiosi (i filosofi) usano per indicare questa forza che al fondo ci agita, tutti: noi siamo uomini in quanto caratterizzati da questo 'eccesso' di 'vita', di questo voler andar oltre la pura sopravvivenza.Ecco quindi l’ “impossibile” che Malle consente di vedere nelle vicende del film. Ma certo non scopre lui questa dimensione: dalla notte della cultura umana c’è chi si sforza di buttare l’anima tranquilla dello spettatore / lettore nel fuoco dell’ imprevisto,dell’imprevedibile. È l’Ate degli eroi tragici greci che sfidano gli Dei, è la Ventura del cavalier cortese, che va nel bosco incontro ai mostri. Ed è dalla cultura romantica che arriva al Novecento la spinta a guardare l’Indicibile che è in noi,l’Altro che vorremmo distanziare… L’adrenalina del momento, l’obnubilamento del sogno. “Je est un autre”

Tema di fondo

IL DESIDERIO

le vicende dei personaggi nel loro intrico di intenzioni e caso,di irresponsabilità e di ineluttabilità, consentono di ben osservare la natura del Desiderio.

oggi abituati come siamo ai social,ci sembra scontato esprimere il nostro 'mi piace' con immediatezza e facilità, convinti di essere davvero così attori liberi di scelte e decisioni. in realtà qualcosa che viene dal nostro profondo, solo che come dice Lacan, quel che giace nel nostro profondo è il Vuoto che riempiamo continuamente con qualcosa , con petit - object -a, che sostituiscono quella grande A che sarebbe l'inesistente Oggetto Vero del nostro desiderio. insomma noi desideriamo qualcosa che non esiste e ,nel pratico, sostituiamo questo vuoto con quello che ci circola intorno.

Desideriamo ciò che l'Altro desidera (si pensi ai neuroni specchio, alla teoria della mimesis di René Girard). Tutti vogliamo qualcosa che è nei nostri paraggi:Florence vuole l'impiegato del marito (glielo vuole sottrarre,come oggetto di possesso e dominio). e Julien vuole quel che è posseduto dal suo principale. e i ragazzi vogliono gli oggetti che hanno i due amanti (auto,vesti..)e quelli che comunque capita di vedere (l'auto dei due turisti)

Voglio essere desiderato dal mio Altro:abbiamo bisogno di essere ri - conosciuti, di avere conferme del nostro esistere dallo sguardo dell'altro,di essere apprezzati nelle cose che facciamo e diciamo. Nel film - come nella vita reale, quello che chiamiamo amore è nient'altro che la disperata necessità di trovare almeno uno/a che riconosca la mia Differenza, di essere che vuole assomigliare all'Altro ma che se ne sente distante inadeguato. e questa necessità è fonte di 'godimento' e non conosce ostacoli come la morale o le 'buone maniere'. l'assassinio non fa che rivelare l'abisso che sorregge questa situazione,in genere assorbita dalle persone attraverso i miti 'buoni' del romanticismo o dell'amor cortese.

Il mio desiderio è strutturato dal Grande Altro (cioè dal campo Simbolico in cui mi trovo a vivere storicamente): nel film è il caso dei due giovani del popolo,totalmente prigionieri di quel la società comunica attraverso gli oggetti d'uso (l'auto) e gli stili di vita (il successo). la famiglia, la scuola, i media sono gli strumenti di questa inculturazione.

Il mio desiderio è strutturato dall'Abisso dell'Altro, dall'irruzione del Reale . Nel momento in cui fanno cilecca i Significati imposti dal codice Simbolico (entro i quali siamo nati e con i quali in genere diamo spiegazione ai fatti dell'esistenza) ci troviamo gettati di fronte alla mancanza di 'senso' del mondo, scopriamo che non esiste un Tutto ordinato entro cui le cose hanno un posto e una funzione preciso: e allora spostiamo gli oggetti del nostro desiderio dal codice Simbolico all'Abisso dell'Altro. Desideriamo le cose indicibili che governano gli Altri, dal ' godimento', dalla semplice ed elementare necessità omeostatica di 'star bene'. le parole finali di Florence mostrano che ormai è la pulsione a dominare: non la linearità di un progetto conta(lo star insieme a Julien) ma la circolarità che sorregge l' 'umanizzazione di grado zero' (il circolo autopropellente che sospende e rompe l'incatenamento lineare del tempo 'sociale'). Florence, per così dire,non ha voglia di qualcosa di particolare davvero, ma gira intorno a qualcosa:si muove intorno ad un buco,che funziona come un attrattore strano. la coazione a ripetere è mostrata visivamente nel film nel suo movimento inerziale per le vie notturne della città ed è riproposto nella simmetria inizio /fine , in cui le immagini e le parole rinforzano il concetto di eccesso (non ne posso più) e di movimento (dieci ..venti.. anni). l'attesa ,come dice l'etimologia del termine, consiste nel 'tendere a' ,non nell'arrivare. è qua la joissance di Florence.

Elementi di analisi

1 Genere:

Noir .

Contrasto figura sfondo:quando una figura si muove in un luogo (spesso chiuso), l’effetto è che i due enti appaiono ontologicamente separati,come se la figura in primo piano fosse ripresa in un luogo e questa ripresa venisse poi proiettata su un’altra effettuata in un altro luogo. Insomma il noir come ‘genere’ mette –in – forma la percezione di uno stridore,di una scissione tra il Soggetto e il Mondo:non c’è interazione tra due dimensioni completamente asintotiche,appunto quella della soggettività che pensa agisce e quella delle cose intorno che vanno secondo altre regole..

Thriller .

la compartecipazione dello spettatore è determinata secondo due tecniche di ‘attesa’: lo si rende o meno partecipe di quello che sta per accadere di ‘male’. Nel primo caso abbiamo la ricerca della suspence,nel secondo della sorpresa. Nel primo caso si attiva l’idea che il male derivi semplicemente dall’ignoranza del protagonista, che per qualche motivo è / è stato inadeguato all’ ‘impresa’ che vuole compiere. Nel secondo caso si sottolinea come il male derivi direttamente dall’imprevedibilità delle cose. nel film c’è senz’altro la prima scelta per la situazione di Julien chiuso nell’ascensore per una sua disattenzione;ma anche la seconda è presente nella forma dell’assassinio della coppia tedesca.

Riuso in direzione di una rappresentazione della condizione della Francia postbellica, postcoloniale, disumanizzata: atti ‘funzionali’ come detta la cultura moderna dell’intrapresa, ma entro un’ottica di cinica accettazione dell’esistente non per modificarlo. O meglio per modificare unicamente la propria personale situazione (la ‘felicità’?)

- Borghesia :il delitto come scoperta cifra della razionalità borghese del successo

- Giovani :il ‘tutto e subito’ come sintomo dello scollamento dalla cultura delle generazioni dei Padri (necessità di guardare lontano, di investire tempo e impegno per risultati lontani)e del totale appiattimento sulla ripetizione delle pulsioni immediate (“godimento” come télos)

2 Topoi :

- innocente condannato per un delitto che non ha commesso. Qui riuso nella dimensione del colpevole condannato per un delitto che hanno commesso altri

- delitto perfetto : qui fallisce per ‘caso’

3 Rappresentazione del tempo

Decostruzione della fede nella visione lineare del tempo:il ‘progresso’ non è consentito grazie al progetto,ma solo grazie alla casualitàTragos è il senso del tempo,Ate è quello che decide.La radice trag- (τραγ-), anche prima di riferirsi al dramma tragico, fu utilizzata per significare l'essere "simile ad un capro", ma anche la selvatichezza, la libidine, il piacere del cibo, in una serie di parole derivate che gravitano intorno alla «zona» linguistica del rito dionisiaco: insomma non direzione razionale per attivare una soluzione nuova, razionale, ma un semplice abbandono alla pulsione, cioè all’inconscio, alla spinta alla jouissanse,che non può che essere dispersione di ordine,fonte di disordine di un sistema originariamente in equilibrio. Florence conosce la ripetizione del desiderio,non l’analiticità della riflessione,la “mania” del “petit – object – a” non la scoperta della sua distruttività. Ripetizione insomma alla ricerca della pura densità dell’ “esistenza” in quanto esistenza, senza Telos (scopo) se non il “godimento”.Ate (in greco antico: Ἄτη, «rovina, inganno, dissennatezza») induce al peccato di ὕβρις (hýbris), la tracotanza che nasce dalla mancanza di senso della misura. Tracotanza è certo alla base del modo di vivere di Carane, il mercante d’armi che spregia cinicamente i sentimenti e la morale. Tracotanza è anche la base del ragionamento di Julienne che vuole giustificare il suo desiderio di jouissance con una generica condanna della guerra. Ate non tocca il suolo: cammina leggera sul capo dei mortali e degli stessi dei, inducendoli in errore: è lei che fa dimenticare a Julienne la corda attorcigliata al balcone.Insomma un tempo ciclico e distruttivo, non lineare e costruttivo: la necessità di obbedire al ‘qui e ora’ contro l’investimento in un ‘là e domani”.

4 Rappresentazione dello spazio

Dentro / fuori, chiuso / aperto, Gabbia /bordi due spazi antitetici come luoghi analoghi la cabina dell'ascensore : diventa un territorio da smantellare e interrogare come se fosse una scatola cinese. È la rappresentazione figurata di una delle condizioni proprie dell’esistere omeostatico: lo STARE,il PERMANERE,inteso come obbligo come LIMITE obbligato. È la GABBIA d’ ACCIAIO di cui parla WEBER: una realtà precisa che va vissuta in tutta la sua profondità,nella sua pienezza, CONDENSAZIONELa Città : la sfavillante oscurità della Ville Lumière è il terreno tipico del flaneur che in esso va cercando porte per nuovi mondi,per nuove epifanie. Ma nella costrizione che si oppone alla leggera svagatezza di uno dandy, Florence vi vede solo – infine - un contenitore vuoto, privo della sola presenza agognata da Florence. La QUEST non affidata alla ventura,ma diretta ad una precisa meta porta solo alla scoperta del VUOTO Desiderio e angoscia impregnano indifferentemente i due spazi, facendo dell'uno la cassa di risonanza dell'altro.

5 Rappresentazione della Società

- Il potere della polizia non è garanzia di giustizia. La macchina burocratica inventata dalla modernità per garantire sicurezza e quiete sociale procede secondo i suoi protocolli ma non riesce a ‘leggere’ davvero quel che succede: è importante la sua funzione simbolica, di macchina che interviene ‘in generale’, ma senza davvero toccare la profondità complessa del reale.

-Le relazioni sociali sono improntate non alla cooperazione / solidarietà (secondo gli schemi dell’utopia moderna che parla di Patria, Nazione,Popolo come forme nuove di comunitarismo e di riconoscimento reciproco) ma alla feroce contrapposizione (secondo le categorie dell’impersonalità che andrebbero usate per evitare privilegi ma che ,introdotte nella situazioni private, diventano fonte di ‘avversione’, conflitto – ovvero ‘guerra’). L’individualismo trionfa dunque nella sua deriva antagonistica.Del resto è davvero la guerra, ancora a segnare lo sfondo della Francia degli anni Cinquanta: è la difficile realtà politica del post-colonialismo, tra Algeria e Indocina,vicenda alla quale tutti i personaggi sono collegati e che in un modo o nell’altro sembra determinare il loro destino, il loro stile di vita.

-Coloro che alla guerra sono direttamente collegati muoiono ammazzati (l’industriale produttore d’armi Carala ed il tedesco dalla comicità frizzante “Non ve lo abbiamo tolto tutto lo champagne durante la guerra allora!”),

-coloro che millantano la guerra sono condannati a morte (i due ragazzi che mentono di essere la coppia Tavernier)

-coloro che hanno dato l’impressione d’essere contrari (Tavernier che dice al suo capo “Abbia rispetto della guerra lei, che almeno ci guadagna da questa”), sono comunque accusati e condannati a venti o dieci anni, perché colpevoli d’omicidio (la guerra è solo un omicidio collettivo)

6 Rappresentazione dell’individuo

La scoperta dei limiti del modello moderno del Patriota, dell’Eroe del Lavoro, del Servitore dello Stato, comporta la frantumazione del mito “epico” della Persona che si identifica con la comunità, con l’Altro (si riconosce nell’Altro)e la riduzione delle ambizioni alla ‘felicità’ personale.

- Specialisti quindi, come l’imprenditore ,il poliziotto, il manager,che agiscono entro i confini limitati del proprio campo d’azione, senza aver in prospettiva quelli più vasti della propria ‘collettività’;in ogni caso in autentici in quanto rispecchiano la situazione ‘storica’,accettando semplicemente la ‘realtà così come si propone (gestire l’esistente,agire in modo opportunistico al suo interno inamovibile)

- oppure Esteti in sedicesimo, come la fioraia e il suo ganzo, che si limitano a corre dietro ideali d’accatto (uso e consumo di oggetti,non di idee), lontani dalla ‘coscienza’ e dalla ‘autenticità’. Vogliono imitare in tutto e per tutto quel che li circonda, completamente assorbiti dalla dimensione storica delle cose:per loro è sempre un ‘facciamo come’ (secondo quanto chiarisce successivamente la teoria girar diana della mimesis),senza porsi altro obiettivo che riempire l’immediato presente con i piccoli oggetti del desiderio che li muovono

Limitato il campo d’azione (il “fare storia”) al privato, emerge inevitabilmente la differenza tra la monotonia del quotidiano (noia, nausea della ripetizione, dello Stare,dell’avere vincoli e radici) e l’aspirazione alla grande intensità del Cambiamento (il romantico mito romantico dell’Altrove), la discrasia tra il Piccolo (qui e ora reali) e il Grande (qui e ora ideali). Questo desiderio di Grandezza non si percepisce nel Vicino,in quello che è a portata di mano, ma lo si proietta nel Lontano,quello che non conosciamo, che percepiamo come occasione di poter finalmente dare spazio alla Differenza che ci caratterizza e non può emergere nella routine. Solo che alla fine vi scopre un Abisso,una distanza, un’Ombra, che è proprio lo specchio della nostra mancanza di pienezza. Il Vuoto, il Nulla dell’Esistenza.Scoperta della finitudine dell’esistenza umana e di ciò che Jaspersi chiama situazioni limite, cioè la nascita, la lotta,la sofferenza,il passar del tempo, la morte

Queste evidenze impegnano il singolo a decidere del senso che vuol dare alla sua esistenza,nel suo essere definito e irripetibile, in direzione della ‘autenticità’. Essendo non raggiungibile l’assoluto (Noumeno kantiano, crisi dei fondamenti),è il concreto esistente singolo (il fenomeno) a realizzare l’ Essere (Husserl),ovvero ad assumere come parametro di Libertà, di Autorealizzazione, la Coscienza (per – sé) attraverso le Cose (In – sé). La capacità di porsi di fronte alla cose e di dar loro un ‘senso’, un ‘significato’. E di essere responsabile direttamente dei propri atti, senza rinvio a protocolli esterni. E questo avviene attraverso l’incontro con l’Altro.La storia (la società, la situazione)è una causa occasionale che limita (Camus). Solitudine e angoscia dominano la vita degli individui in un mondo che ha ormai accantonato qualsiasi forma di sincerità

Note (da Wikipedia)

[1]Esistenzialismo, movimento culturale sorto in Francia immediatamente dopo la seconda guerra mondiale. Prendeva nome dalla corrente filosofica che negli anni trenta del Novecento, muovendo dal pensiero del danese S. Kierkegaard(1813-1855), si era contrapposta in Germania (soprattutto con M. Heidegger, 1889-1976) e in Francia (J.-P. Sartre, 1905-1980) all'oggettivismo hegeliano, negando ogni possibilità di conoscenza dell'essere e riducendo l'uomo alla sua esistenza. Ma l'esistenzialismo francese postbellico, che oltre a Sartre contò sull'apporto di S. de Beauvoir e M. Merleau-Ponty, si presentò soprattutto come "filosofia della crisi", proponendo di far fronte con l'impegno (engagement) alla crisi di valori dovuta alle distruzioni della guerra. In primo luogo, ciò comportò per vari intellettuali una scelta politica a fianco del Partito comunista; in secondo luogo esso si espresse anche con manifestazioni artistiche, in particolare in campo letterario e teatrale (dove si distinse, oltre agli stessi Sartre e Beauvoir, Albert Camus) e cinematografico (R. Bresson). Soprattutto influenzò un'intera generazione tramite le canzoni degli autori-cantanti come L. Ferré e G. Brassens, o l'attività di poeti (come P. Eluard o J. Prévert), che composero testi per chansonniers destinati alla celebrità come J. Gréco, Y. Montand, G. Bécaud, C. Trenet ecc. In questo senso esso anticipò il fenomeno del coinvolgimento giovanile di massa tramite la musica caratteristico, a partire dagli Usa negli anni cinquanta, della cultura del rock'n roll. Le manifestazioni esteriori dell'esistenzialismo, dai maglioni e giubbotti neri che dettero nome ai giovani che li indossavano (blousons noirs), ai capelli tagliati alla maschietta delle ragazze, dall'abuso di alcol alla passione per il jazz coltivata nelle cantine (caves) parigine, divennero una vera e propria moda che fu spazzata via sia dall'affermazione artistico-professionale dei suoi migliori esponenti, sia soprattutto dall'uscita della Francia dal tunnel di ristrettezze del dopoguerra.[2] nouveau roman Espressione con la quale si suole indicare l’opera di un gruppo di romanzieri francesi emersi negli anni 1950. Elementi comuni sono il rifiuto del romanzo tradizionale e il deciso orientamento antinaturalistico, nonché il rifiuto del cosiddetto engagement; il frequente ricorso a un minuzioso descrittivismo, conseguente alla dissoluzione dei personaggi e della trama, ha fatto parlare anche di école du regard. Già preconizzato da J.-P. Sartre (1947) come momento di riflessione del romanzo su sé stesso, il n., cui si avvicinarono scrittori come M. Duras e J. Cayrol, ha i suoi principali esponenti in N. Sarraute, A. Robbe-Grillet, M. Butor, C. Simon, C. Ollier. Più che una scuola letteraria chiaramente identificabile il n., che si rifà per certi aspetti alle esperienze diM. Proust, F. Kafka, J. Joyce e S. Beckett e alla riflessione di M. Blanchot e G. Bataille, è un indirizzo di ricerca che dalla seconda metà degli anni 1960, influenzato dalla semiotica, dall’opera di R. Roussel e dal pensiero di J. Derrida, ha sempre più privilegiato la dimensione autoreferenziale del testo letterario, dando origine a quello che è stato definito nouveau nouveau roman.[3] Nel 1957 Claude Chabrol, critico dei "Cahiers du cinéma", fondò una propria casa di produzione, e negli anni immediatamente seguenti uscirono Les cousins (1958; I cugini) dello stesso Chabrol, Les 400 coups (1959; I quattrocento colpi) diretto da François Truffaut, e À bout de souffle (1960; Fino all'ultimo respiro) di Godard. Era nata la Nouvelle vague, movimento eterogeneo di registi trentenni, in gran parte provenienti dagli ambienti della cinefilia e dalla critica cinematografica (la rivista "Cahiers du cinéma"), i quali inaugurarono nuove forme stilistiche e nuove tipologie di produzione, in cui il regista era spesso anche il soggettista e lo sceneggiatore, e l'organizzazione si basava su improvvisazioni artigianali più che su criteri industriali; essa costituì anche un'alternativa commerciale al cinema della tradizione, e sulla sua scia emersero nuovi attori e tecnici. Questo movimento, la cui riduzione a una formula provocò peraltro disaccordi tra gli autori stessi, fu favorito dall'esigenza collettiva di un gusto nuovo, in cui il cinema si allontanava dalla rappresentazione artefatta per irrompere nella vita quotidiana, senza però la dimensione populista degli anni Trenta. Truffaut, uno dei suoi principali esponenti, attraverso una fusione del cinema statunitense con la letteratura francese, riuscì a esprimere proprio questa semplicità e bellezza delle piccole cose (la serie di Antoine Doinel), estendendola anche al melodramma romantico in costume (Jules et Jim, 1962, Jules e Jim), e trovando soluzioni personali al dramma privato di carattere poliziesco (La mariée était en noir, 1968, La sposa in nero). Godard, l'autore più originale del movimento, attuò una vera e propria decostruzione del linguaggio, dei contenuti e in generale di tutto il dispositivo cinematografico, visto come macchina capitalistica (Une femme est une femme, 1961, La donna è donna; Le mépris, 1963, Il disprezzo; Pierrot le fou, 1965, Il bandito delle undici). Eric Rohmer, dopo il fallimento del primo film Le signe du lion (Il segno del leone, realizzato nel 1959 e uscito nel 1962), si orientò verso un cinema seriale in cui la banalità trovava un preciso accordo con gli assunti filosofici, come nella serie dei Contes moraux. Il contributo di Chabrol fu prevalentemente legato a una rilettura del noir vicina al giallo francese di ambiente provinciale e familiare (À double tour, 1959, A doppia mandata; La femme infidèle, 1969, Stéphane, una moglie infedele; Le boucher, 1970, Il tagliagole). Jacques Rivette (Paris nous appartient, 1961), infine, impegnato in un'operazione concettuale di convivenza del cinema con il teatro, si collocò in una posizione più difficile, connotata da una rischiosa propensione per la sperimentazione, ma senza la naturalezza comunicativa di Godard. Tra le figure che restarono ai margini del movimento, Jacques Demy e Louis Malle, pur se con caratteri e stili differenti, trovarono entrambi una loro espressione nel cinema citazionistico e di rilettura dei generi. Il primo realizzò Les parapluies de Cherbourg (1964), un delicato e coloratissimo musical; il secondo ottenne un immediato successo nel noir (Ascenseur pour l'échafaud, 1957, Ascensore per il patibolo) e nella commedia psicologica (Les amants, 1958), ma subito dopo si orientò verso un cinema intimista e angosciato, di contenuti più difficili (Le feu follet, 1963, Fuoco fatuo). La nuova cinematografia lanciò giovani attori che si imposero poi anche nel panorama internazionale (pur rimanendo, a differenza dei divi degli anni Trenta, saldamente legati al loro Paese): Jean-Paul Belmondo, Alain Delon, Jean-Louis Trintignant, Jean-Pierre Léaud, Jeanne Moreau, Catherine Deneuve, Françoise Dorléac, Stéphane Audran, Anna Karina, Maurice Ronet e altri.La Nouvelle vague ebbe un'identità non solo estetica ma anche ideologica, correlata alla storia politica del Paese: il fatto che il Ministero della cultura fosse affidato a un intellettuale impegnato come André Malraux favorì non soltanto le nuove produzioni di finzione ma anche i documentari antirazzisti e antimilitaristi, come quelli di Frédéric Rossif (Le temps du ghetto, 1961, Vincitori alla sbarra), Jean Rouch (Moi, un noir, 1959; La pyramide humaine, 1961), Ch. Marker (Le joli mai, 1963), quest'ultimo autore anche di interessanti opere sperimentali come La jetée (1962). Questo tipo di documentarismo, dove la macchina da presa aveva un ruolo attivo come nel cinema di finzione (v. Cinéma vérité), diffuse anche la tecnologia del suono in presa diretta, il cui utilizzo divenne l'emblema di registi quali Rohmer, Godard e Rivette. Altri autori di notevole rilevanza rappresentano un caso a parte: A. Resnais, dopo gli inizi come documentarista, esordì con due film, Hiroshima, mon amour (1959) e L'année dernière à Marienbad (1961; L'anno scorso a Marienbad), scritti da sceneggiatori appartenenti alla corrente letteraria del Nouveau roman (rispettivamente Marguerite Duras e Alain Robbe-Grillet, passati in seguito alla regia): tra giochi letterari, architetture barocche e speculazioni sulla memoria, Resnais riuscì a ricoprire immediatamente una posizione unica. Un cinema ai limiti della sperimentazione, ma che comunque poté trovare un suo pubblico, consentì la nascita di opere di taglio concettuale e letterario, come quelle della Duras (La musica, 1967, diretto insieme a Paul Seban) e di Robbe-Grillet, sottile analista, anche se molto astratto, dei meccanismi generativi del racconto e del film (L'immortelle, 1963, L'immortale; Trans-Europ-Express, 1967, Trans-Europ-Express ‒ A pelle nuda).La Nouvelle vague, sebbene di breve durata, aprì quello spartiacque culturale tra la produzione d'autore e la produzione di consumo che avrebbe cambiato per sempre l'immagine stessa del cinema (per il pubblico dei decenni precedenti non esisteva una separazione così radicale). Il suo impatto fu così violento da estendersi ad altre cinematografie: i registi della Junger deutscher Film e gli autori statunitensi degli anni Settanta-Ottanta, come Martin Scorsese e Francis Ford Coppola, si formarono sullo stile di Godard e Truffaut.

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