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Migrare.

  • orso
  • 25 nov 2015
  • Tempo di lettura: 21 min

Ananke. il cammino della speranza.

L’ALTRO

A.

1.

Perché questo tema?

La cronaca degli ultimi anni, se non giorni (migrazioni globali,guerre,terrorismi,crisi a tutti i livelli e in tutti i pesi) ha reso urgente approfondire questa tematica: di fatto è complementare all’altra tematica che ricorre “insolente” da un decennio, quella della cosiddetta “identità”.

Si è vissuto per anni e anni senza mai porsi le domande elementari del “chi siamo?” perché gli orizzonti entro cui ci si muoveva erano abbastanza chiari. “Noi” eravamo “noi”, e basta, con tutta l’evidenza delle nostre case, delle nostre campagne, dei nostri lavori, dei nostri conflitti: ricchi e poveri, stupidi e furbi, ignoranti e colti, potenti e deboli, amici e nemici.

Ma appunto i nemici erano nemici perché lontani, appunto. Quando si avvicinavano erano evidentemente quelli che ci aggredivano e da cui bisognava difenderci. È vero, qualche voce invitava alla ‘fratellanza’ universale, ma erano persone che stavano coi libri in mano (più o meno sacri..): per la gente comune le distinzioni erano chiare . e si sapeva cosa fare quando si trovava il nemico alla porta..

2.

Adesso la confusione è grande. Si è scoperto che gli Altri sono davvero accanto a noi:non è che vengono per un po’ e poi se ne vanno, ma stanno proprio qua, tanto vicini che ne possiamo sentire distintamente odori e voci. E ci si rende conto che quegli odori e quelle voci ci creano choc,ci impongono di accorgersi del fatto che anche noi abbiamo odori e voci, che le nostre voci e i nostri odori non sono ‘naturali’ ma effetto artificiale di scelte antiche..

Insomma siamo costretti a crearci delle ‘mappe’: prima ce la cavavamo benissimo senza mappe, estivavamo i nostri processi vitali – per così dire – senza un sistema nervoso cosciente. Adesso improvvisamente ci rendiamo conto che muoversi, agire, vivere è diventato un problema: e ci rendiamo conto che abbiamo bisogno di mappe per attraversare ogni giorno i territori dei nostri lavori, delle nostre leggi, delle nostre istituzioni, dei nostri media, , dei nostri ristoranti, dei nostri pub e così via..

E per crearsi delle mappe, la procedura più economica ed efficace presente nelle nostre menti è quella – per così dire – digitale: 0 / 1. Scopriamo che tutti i significati che diamo alle cose del mondo nascono da coppie di segni complementari, come stasi / movimento, alto / basso, aperto / chiuso , bianco/nero ecc. ecc. e che tra le coppie più determinanti per dare senso alle nostre esistenze c’è appunto la coppia Noi / loro. Noi, che siamo “identici”, cioè uguali, avendo le stesse caratteristiche; e loro, che sono diversi, cioè “altro” da noi, perché hanno altre caratteristiche.

3.

Una volta entrati in possesso di questi codici, tornando a rileggere le cose che ci stanno intorno, cominciamo a notare che l’Altro, magari, sta già da tempo entro i nostri territori quotidiani (i devianti ad esempio)e che da tempo l’avevamo classificato come anomalie da correggere.

C’è di più: c’è la possibilità di intravedere tracce dell’ Altro addirittura dentro Noi, dentro noi individui, che in genere ci percepiamo come un Dato forte, sempre uguale a se stesso,immutabile pur nel variare del tempo e dello spazio..

4.

Allora è il caso di fare una ricognizione su questo fenomeno,per affrontarlo non solo (come è inevitabile e giusto) attraverso le emozioni e i sentimenti, ma anche attraverso delle ‘mappe’, come dire delle ‘immagini’, in modo da avere una gestione non semplificata ma sofisticata dei problemi della contemporaneità globale a partire dalla specifica “pesantezza” dei nostri contesti quotidiani.

Siccome le mappe mentali (Damasio) si creano inizialmente nel contesto di un’azione, ovvero in situazioni particolari, fino a definire pattern generali con cui procedere, il modo più efficace di procedere non può che essere quello di tuffarsi nelle situazioni reali e riemergerne con delle mappe ‘nuove’.

In effetti questo succede, può succedere ogni giorno. LA VITA CI FA SCONTRARE CONTINUAMENTE CON SITUAZIONI CHE CREANO CHOC perché NON FACILEMNTE DECODIFICABILI CON LE MAPPE già a nostra disposizione. Ma naturalmente tutto questo avviene secondo la logica emergente, è sottoposta alla parzialità del caso.

Invece le procedure di mappatura possono procedere in modo più efficace attraverso l’arte in generale e attraverso il cinema in particolare. Sono strutture fatte di immagini, strutturate sulla base dei sensi, che orffrono ai nostri sensi stimolazioni paragonabili a quelle della vita reale: ma sono anche strutturate fin dall’inizio in modo da avere un ‘senso’ , da costruire cioè - nelle menti di chi interagisce- delle mappe che probabilmente arricchiscono l’archivio della memoria con emozioni e schemi, appunto.

Ma queste opere ,a loro volta, questa operazione la fanno o in modo totalmente trasparente o in modo opaco: nel primo caso in effetti finiscono per confermare schemi e mappe ed emozioni esistenti (creando – attraverso deduzioni e induzioni - un effetto di chiusura verso il nuovo, che è come dire verso l’Altro in generale),nel secondo sollecitano l’interazione in termini di abduzione e analogia: ovvero le immagini rimandano a schemi in parte noti in parte nuove.

E questo vale anche (se non soprattutto ) per i film, come nel passato per i miti o i romanzi.

5.

Ogni film è la situazione concreta da cui lo spettatore può ricavare mappe. È chiaro che questa operazione non avviene solo in direzione fuori – dentro, ma anche in direzione dentro – fuori. È la memoria (la disponibilità delle mappe che sono esplicite o implicite nella memoria) a orientare nella focalizzazione, nella categorizzazione, nella combinazione,insomma nella costruzione di nuove mappe.

6.

Leggere un film allora non è lo stesso che vedere un film. Analisi non è lo stesso che gustare. E l’analisi è possibile davvero solo se si hanno delle mappe consapevoli da usare nel momento di scomporre (per poi ricomporre) i testi. Se si hanno dei modelli. Così noi elaboreremo dei modelli prima di andare a fare una lettura non emotiva dei film.

B.

Modello generale

Dato: arrivano

Cause : necessità (naturale /artificiale) ANANKE - incanto (VENTURA)

Effetti :

  • in chi arriva (integrazione , disincanto, molteplicità) CATASTROFE

  • in chi accoglie (paura,tolleranza, intolleranza,purezza) ODIO/AMORE

Azione : modestia, imperfezione, sporco ORDINE DAL DISORDINE

c.

I FILM

IL CAMMINO DELLA SPERANZ

Il modello

1.

L’essere vivente è tale perché ha un’intenzione: trovare energia che gli consente di ‘vivere’.

Per l’animale questo significa rispondere alle stimolazioni che trova nel suo habitat. E sappiamo che gli animali si muovono ( si sono sempre mossi) in relazione a questa necessità, pena l’estinzione.

L’uomo è un animale che a un certo punto ha cominciato a porsi come Soggetto: ha cioè visto questa dipendenza come un problema, come una situazione che poteva (avrebbe potuto) essere modificata se analizzata e gestita in modo meno routinario. Insomma ha elaborato vie alternative a quelle ‘naturali’.

In particolare si è dato nel tempo sempre più la pratica di ‘progettare’ il futuro in termini di prevedibilità e di sicurezza. Ma per farlo ha dovuto ovviamente anche immaginarsi altro ‘spazio’ da quello in cui già viveva.

Il nomadismo è frutto di questa combinazione di “natura” e “cultura”.

2.

Ogni società mira a creare situazione di soddisfazione dei bisogni primari, cioè sussistenza e sicurezza. Tutta la storia umana non è altro che il variare di soluzioni a questi problemi.

Uno degli effetti di questa evoluzione è lo sviluppo di forti asimmetrie sociali.

Per cui i bisogni di base diventano ,al di là delle necessità naturali, uno strumento di potere, di sopraffazione e ricatto.

Fenomeni come schiavitù e sfruttamento fanno parte della scena dell’umanità nel corso dei millenni.

La modernità e la globalizzazione hanno promesso la liberazione dai bisogni a tutti, ovunque, in nome del progresso.

Ma la liberazione è il risultato di uno sforzo collettivo o di un’azione individuale?

Questo è un problema non più ‘naturale’ ma ‘culturale’. Come dire che la risposta a questo quesito non è scritta da nessuna parte, non sta nella natura, ma nelle invenzioni umane:ci si libera dai bisogni con la technè, con l’ars, con il dare forme nuove alle cose che già ci sono.

3.

In genere una delle prime preoccupazioni delle culture umane è sempre stata quella di far passare per ‘naturale’ quello che di certo ‘falso’ (artificiale). le varie rappresentazioni del mondo (con codicillo di valori e modelli) hanno sempre cercato di far passare per ‘sacro’ e intangibile (in quanto ‘oggettivo’)) quello che è di fatto umano,ovvero soggettivo (storico).

Di qui deriva che la soluzione dei problemi è – a tutti gli effetti- fonte di conflitto di potere.

Da un lato chi ‘dice’ (sacro,naturale) l’ordine delle cose, che ne avverte la pressione e si trova di fronte a una biforcazione: o accettare o rifiutare.

Accettare e rifiutare si possono dare ,a loro volta, dentro o fuori la frontiera (politica, culturale, sociale) di una comunità.

Accettare comporta un assoggettamento che di fatto equivale alla servitù, in tutte le sue forme: uno stato di sicurezza /protezione in cambio dell’ubbidienza, della cessione di libertà.

Rifiutare comporta o lo scontro diretto (rivolta,ribellione, rivoluzione) o la partenza (l’emigrare).

4.

In entrambi i casi si pone il problema del rapporto con l’altro.

Uguale o diverso? E come trattarlo?

È il problema etico – morale’ proprio dell’uomo. L’animale non si pone questioni quando deve risarcire la perdita di energia: la sua relazione con le cose è in termini di pura materiale efficienza. L’uomo (se si identifica come Soggetto) “ sa” che l’Altro è come lui per problemi, passioni, comportamenti: e deve – per così dire – darsi una ‘teoria’ che dia senso alle sue scelte, qualunque siano.

Come e cosa riconoscere nell’Altro?

Levinas: lo sguardo, il volto, il ri – conoscimento dell’uguale (problema)

5.

Fondamentale in questo senso è il concetto di Anànke.

In greco vuol dire necessità, che è come dire ‘inevitabilità’.

La parola vuole rappresentare cioè tutte quelle situazioni in cui non si può sfuggire a determinate conseguenze. Ad esempio, se si vive è ‘necessario’ morire. Diverso è ovviamente il caso del ‘dovere’ che ha a che fare con l’etica: se qualcosa rientra nell’ambito dei doveri (ad esempio non rubare),non è detto che ognuno si senta obbligato a rispettarla.

Simon Weil, ne L’Iliade, ovvero il poema della forza rappresenta il fatto che è il dominio della necessità e dell’oppressione che rende la libertà umana prigioniera di insormontabili condizionamenti: in Omero è la forza stessa (del vincitore) che fa di chiunque le sia sottomesso una “cosa”.

Naturalmente la forza prima o poi avrà il sopravvento anche sul vincitore momentaneo, che risponde all’ambizione di attingere la sua ‘libertà’. Ma è un fatto: tutti gli sventurati della storia (Troiani sconfitti, operai delle fabbriche, servi di ogni tipo) conoscono l’essenza della forza e si rendono conto dell’impossibilità di sfuggirle.

Ogni forma di epica si regge sulla lotta contro l’Altro. Ogni eroe epico si assume il compito di difendere,fino alla sua fine, la propria comunità dall'inevitabile dall'inevitabile distruzione.

la distruzione è messa in scena in medias res in tutti miti epici: è personificata nella figura dell'Altro, del Nuovo, cioè del Diverso, dello Strano.

La difesa della comunità mira a consentire la ripetizione delle pratiche quotidiane, delle routine, dei riti; e a evitare l'incontro con l'imprevisto(Alien).

6.

Oggi questa difesa dall'imprevisto è cercata nelle Leggi della Scienza, che si propongono come "vere", cioè capaci di garantire la conoscenza di quello che verrà e di cacciare l'imprevisto. l'affermazione della tecnica di fatto è l'accentuazione di questa tendenza: la tecnica libera dal dubbio, ci consente di non pensare, perché basta applicare un protocollo e tutto - è garantito - sarà come si pensa (si sa ) che debba essere.non c'è spazio per l'anomalia,per il non previsto. qualora si proponga, ebbene va considerato come errore, da eliminare.

Questa è la dimensione antropologica di sfondo entro cui tutti ci muoviamo. ed è sulla base della "verità" di questa tecno fede, di questa verità, che si impongono a livello globale delle scelte che comportano effetti - paradossalmente - che determinano 'cambiamento' continuo, novità, imprevedibilià, ovvero proprio 'paura'.

Sulla base della presunta ‘oggettività’ delle leggi economiche neoliberiste, si attiva e si celebra un continuo movimento di denaro,di merci, di aziende,di eserciti, di popoli e individui.

la legge dominante del liberismo è infatti la libera (incontrollata) circolazione dei 'beni'. E questo c omporta fenomeni di alta instabilità, indicati con parole di plastica come "flessibilità", "concorrenza", "crescita" "crisi" "migrazione"..

Quanto succede oggi - a qualunque livello, in qualunque posto del mondo - viene in genere presentato dai media internazionali sotto la voce ‘necessità’. "così va il mondo, bellezza.. L'immutabile legge della natura è il rischio,l'alea".

Naturalmente la storia (e la scienza della complessità) ci mostrano che il rischio è davvero un dato naturale. ma fino a qualche decennio fa lo sforzo delle società umane era - come già detto - di preservare dal rischio i propri componenti. oggi invece è proprio il rischio che viene elevato a necessità: come una eruzione di vulcano, come una tempesta, come un maremoto.

Non la stasi ma il movimento quindi come valore.

Ogni individuo deve sentirsi responsabile per conto suo di quel che gli succede. Non è la comunità cui appartiene che lo deve difendere dall'altro, dal nuovo. Si deve far carico di questo problema come suo e muoversi, muoversi per risolvere le sue questioni.Insomma ,il mondo è e sarà sempre sporco: la pulizia te la devi procurare tu.

Il punto critico è che il pulito (un lavoro, una casa, una sicurezza, una libertà) non è che davvero te lo puoi costruire davvero da solo, entro un a cornice di vera autonomia o autarchia, ma puoi immaginarlo e realizzarlo davvero solo là dove te lo fanno spuntare. insomma ti tolgono la possibilità di contionuare a vivere là dove sei nato e te ne devi andare 'altrove' a cercare quel giardino che qui, a casa, hai perso (se mai l'hai avuto).

in modi diversi è questa logica che caratterizza i movimenti dall'Africa verso l'Europa, dall'america latina a quella yankee: ma anche i movimenti dei laureati europei verso i centri della finanza.

E ad avviare questa circolazione 'spontanea' provvedono qua e là diversi agenti.

intanto la 'disoccupazione, la crisi economica del luogo in cui ti trovi, che fa nascere la 'nacessità' primaria di andare . e poi vere eproprie persone o agenzie impersonali che dirigono i flussi nelle direzioni che il Mercato richiede. Quello che era il caporalato nelle economie medievali, adesso si propone come mediatore, come procuratori di affari.

ma la cosa più preoccupante è che tutto l'impianto scolastico delle nazioni occidentali si è trasformato in una sorta di 'fabbrica' di 'risorse umane' da dislocare in modo più o meno rapido e dinamico nei vari mercati globali. dal sud lavoratori poco preparati , dal nordo lavoratori più preparati: ma tutti 'necessitati' a muoversi e a offrirsi, a cogliere le 'opportunità'.

i veri manipolatori, i responsabili della 'necessità' naturalmente rimangono nell’ombra. Non solo: essi hanno bisogno di 'ricchezza', 'bellezza', 'ordine' e per avere queste qualità creano tutto il movimento di cui abbiamo parlato prima. Ma sono i primi che,pur facendo alzare la polvere, pretendono di tener pulita la propria ‘casa’. Per farlo hanno sì bisogno di chi fa il lavoro sporco, ma sentono anche il bisogno di tenerlo abbastanza lontano dai propri territori.

Insomma i sedotti e i gli esclusi di cui parla Baumann: quelli che pur si muovono, ma godono dei benefici; quelli che sono costretti a muoversi e si devono accontentare dell'impurità dei residui.

In effetti un effetto complementare del concetto di "necessità" è quello di “rifiuto”. Non solo quelli solidi (e non sono un problema da nulla) ma quelli ‘viventi’. Quelli del terzo mondo in senso lato, che ormai sono stati integrati al primo mondo in nome della libertà, di mercato ovviamente: in superficie si fa un gran parlare di ‘libertà’ come ideale che consenta a ciascuno di realizzare pienamente la sua ‘differenza’ (un diritto insomma!), ma nel profondo li si rifiuta proprio nella loro differenza (culturale,sociale,religiosa ..)

7.

Riassumendo: la legge di mercato impone la concorrenza, la legge di mercato impone delle ‘oggettive’ regole da applicare senza tener conto delle effettive differenze umane; ma la legge della concorrenza (dell'innovazione) su cui si regge il mercato, consiste proprio nell’invito a ciascuno ad essere ‘differente’, a realizzare la propria differenza.

Bene:quando uno del sud del mondo dà retta a questa vision e si mette in mente di realizzare qualcosa per attivare queste sorti magnifiche e progressive, trova una doppia esperienza:

- a livello macro, l’approvazione – segreta ? - del mercato che vede così crescere in retroazione positiva la disponibilità di ‘capitale umano ’ a tutti i livelli;

- a livello micro, la disapprovazione immediata dei singoli del primo mondo che si vedono ‘sporcare’ la routine, il tipo di spazio reale e sociale in cui finora si sono ben trovati; ma anche l’appoggio ‘ideale’ dei benpensanti, delle anime belle.

8.

La situazione è tale dall’inizio della rivoluzione industriale.

  1. All’inizio sono i contadini che vengono attirati – spinti dalla campagna nelle città.

  2. Poi sono gli abitanti dei paesi europei meno avanzati che vanno nei paesi occidentali ricchi.

  3. infine quelli delle colone,delle ex colonie, dei paesi invasi verso il Nord benestante

Attualmente è la logica del controllo delle fonti energetiche e dei mercati globali a confondere ulteriormente la situazione. Come sovrastruttura infine interviene la religione a spostare i problemi dal piano materiale a quello simbolico.

Insomma tutti si muovono. E tutti si lamentano.

9.

E la filosofia?

È il problema etico – morale’ proprio dell’uomo. L’animale non si pone questioni quando deve risarcire la perdita di energia: la sua relazione con le cose è in termini di pura materiale efficienza. L’uomo (se si identifica come Soggetto) “ sa” che l’Altro è come lui per problemi, passioni, comportamenti: e deve – per così dire – darsi una ‘teoria’ che dia senso alle sue scelte, qualunque siano.

Ogni teoria deve rispondere a questioni come : chi è l’Altro? Come riconoscerlo? e cosa riconoscere nell’Altro?e cosa fare con lui / di lui?

Sofisti, Socrate, Agostino,Cartesio,Nietzche, Levinas, ecc.

10.

Da distinguere la vicenda singola (variante) e quella generale (Invariante).

La prima comporta attenzione agli affetti; la seconda all’analisi, ‘persona’ vs ‘modello’, appunto.

Quest’operazione si può fare anche su fatti di cronaca, che però ambiscono inevitabilmente a una rappresentazione articolatissima di vari livelli che rischiano di far trionfare solo odi e amori, ideologie e rancori.

Una storia (un mito, un romanzo, un film) che nasce dalla mente di qualcuno che vuole dar risposta a una sua ‘dissonanza cognitiva’ , in genere riesce a fermare la rete delle implicazioni in modo da focalizzare (con la logica dei satelliti che accrescono il senso dei nuclei) delle ipotesi di senso capaci di parlare con i sentimenti ma anche di arrivare alla ‘ragione’.

La storia

TRAMA

Senza lavoro per la chiusura di una miniera, dei siciliano si affidano ad un mediatore per andare ,da clandestini, in Francia. Peripezie varie, da cui emergono la natura infida del mediatore, la natura violenta di qualcuno dei migranti, e varie occasioni per conoscere che fuori della Sicilia la società è ‘altra’, difficile, pericolosa, retta da altre regole. Infine l’equilibrio finale vede l’arrivo dei pochi che hanno continuato per la via intrapresa, con il premio del lavoro e di una speranza di vita migliore.

ANALISI DEL TESTO

È il mytos tipico della civiltà moderna: se l’homo faber si impegna realizza i suoi progetti.

La novità rispetto alle rappresentazioni ottocentesche è che non si parla di borghesi ma degli esclusi dalla storia. Anche quelli che finora ne erano esclusi vogliono ‘fare la storia’, per lo meno la loro storia. Essere protagonisti certo costa.

Quanto alla relazione con il Nuovo, anch’esso è tipicamente moderna: il nuovo crea scompensi rispetto al Vecchio, alla legge del padre. Ci si libera di una legge evidente, ovviamente se ne accetta in modo inconsapevole un’ altra: un altro Pater, meno visibile, quello del capitale, del mercato, che muove i desideri dei deboli.

a. Primo rilievo. Girard (antropologo) e Rizzolati (neuroscienziato) ci dicono che i nostri desideri sono sempre quelli di chi abbiamo davanti, ovvero (Gramsci) di chi esercita l’egemonia culturale e ci impone un Codice Simbolico con cui dare Senso alle cose (Lacan).

Ebbene il movimento dei minatori verso la Francia (anche se sul piano della categorizzazione sociologica si tratta di popolani) nasce all'interno della dimensione tipicamente borghese dell'individualismo.

la scena iniziale è quella di donne vestite di nero, con fazzuoli in testa, che all'aperto, sotto un sole che si indovina ferocemente opprimente, aspettano che succeda qualcosa: da un lato è così evidenziata la atavica abitudine medievale della rassegnazione alla ciclicità delle cose, all'impossibilità di 'fare la storia'; dall'altro l'abitudine alla separatezza, alla mancanza di solidarietà (contro l'oleografica rappresentazione del populismo che vuole il 'popolo' come luogo di socialità e condivisione naturale).

I maschi sono a loro volta fermi: ma giù in miniera, nel sudore ossessionante e mortale della zolfara. si limitano a resistere alla chiusura. una volta fuori, per il paese, la scena è ancora di campi lunghi che vfanno apprezzare una socialità povera (qualche asino macilento, vecchi seduti in piazza,qualche bambio che gioca)e di una voce che poco distinta alla fine si caopsice essere di un sindacalista che cerca di seminare il senso della solidarietà, della lotta 'epica' per la permanenza della comunità. ma una volta che la voce diventa persona, la scena è di disincanto totale: una figura entro un campo lunghissimo: di fronte , a mo' di colonne , isolati maschi in piedi silenziosi, con le mani in tasca. passivi e indifferenti alle parole. ognuno chiuso nel suo mondo uguale di necessità materiale (fame,lavoro).

essi diventano ,in qualche modo comunità,solo quando si ritrovano dentro la cantina, a condividere il vino scarno:in effetti è lì che - in una atmosfera dionisiaca per così dire, di irrazionalità possibile - la voce del procuratore di lavoro, materializza davanti ai loro occhi il nuovo / vecchio oggetto del desiderio: un lavoro con buobna paga e buona sicurezza in Francia.

le scelte a questo punto non sono del gruppo, ma di singoli: ognuno si fa carico delle proprie scelte, sulla base delle proprie storie personali (il vedovo, le coppie sposate e da sposare, la single, il ragioniere ..ciascuno a suo modo). non è la società che cura le loro sorti ma loro che se le accollano

direttamente.

c'è un passaggio diretto dall'individualismo contadino all'individualismo borghese: il primo chiuso e statico, legato al controllo degli oggetti, della terra; l'altro aperto, soggetto alla ventura, al rischio, al denaro da guadagnare.

I minatori disoccupati hanno un sogno: ma appunto quello del procuratore. Nel linguaggio di oggi:

desiderano quello che il sistema dei media (e la scuola tescnicizzata) impone. non l'associazione per una lotta insieme, contro il nemico (proprietà della miniera, che segue solo la logica moderna dei numeri, dei conti, della finalità dell'impresa, contro la dimensione umana dei lavoratori) ma la concorrenza, la flessibilità, l'adattamento immediato alla nuova situazione.

insomma il Nuovo (l'Altro) viene affrontato in effetti fuggendo lontano: l'Altro - a rigor di termini - è il Capitale che li caccia dalla miniera. Ma loro non lo vedono in forma di persona,gliela fanno percepire come ananke ( l'ingegnere, molto sbrigativamente ha fatto l'argometazione;il ragioniere ci mette l'empatia del quadro di basso livello; è un complice inconsapevole del sistema). E allora fanno proprio quello che è la cosa più utile alla macchina del Capitale: 'circolano', non si fermano, ma da buon capitale umano si muovono, e vanno a colmare i vuoti laddove il mercato li ha creati, e vanno ad abbassare i costi laddove stanno salendo.

Insomma non hanno coscienza di classe, quella che invece si riconosce nei movimenti, nelle azioni, nelle parole dei contadini in sciopero dell'Emilia che agiscono sempre in gruppo, senza dar luogo a individualità, e che li bollano da 'crumiri' quando accettano - di fatto - di sostituirli. gli emiliani sono duri nei loro confronti poerchè, all'interno della loro visione sindacalizzata del lavoro, il proletario aiuta il proletario, è solidale con chi fa sciopero. ai loro occhi sono dei traditori da bollare anche con la violenza (la pietra che colpisce la figlia di Saro, l'assembramento minaccioso ai danni di barbara quando si reca al paese). procedono sempre e solo, fino alla fine, sulla base di passioni e senntimenti personali (gli stessi che commuovono spesso gli spettatori di fronte alla disavventure di giovani e anziani)

Naturalmente questo è un discorso, per così dire, 'politico' che si può fare solo a livello macro. A livello micro, al contrario, Germi identifica (attraverso accurati primi piani) ogni singolo personaggio (che è come dire ogni persona reale) come depositario di un proprio itinerario emotivo, sentimentale, cognitivo e agonistico. Così, se molti partono,molti tornano, dopo aver sperimentato la natura rischiosa e faticosa del progetto di cambiamento: come dire molti i chiamati, pochi gli eletti, proprio come è bene che sia in una storia 'epica'.

le due situazioni individuali più sottolineate sono quelle di Saro (di fatto il vero Enea carismatico della situazione) che di fatto è sempre quello che decide per sè e si porta dietro gli altri che ne apprezzano l'assennatezza) e degli sposini (che consumano il matrimonio dopo varie notti,al chiaro di luna della campagna emiliana, con la serenata di Donizetti). in entrambi i casi è difatto al centro la questione della famiglia: altro valore centrale per la cultura italiana del dopoguerra, come mezzo esclusivo per relizzare la vera sicurezza. il vedovo, coi suoi bambini, ha bisogno di una donna; i giovani in terra straniera vivranno meglio la ventura se insieme (secondo l'antico prototipo della cultura cortese).

malinconie, contrasti, duelli addirittura, a sottolineare la profondità di una cultura popolana che è in fondo l'Altro elemento da cui fuggono davvero tutti i superstiti. una cultura in cui le relazionis ono fortemente personali, garantisce da un lato una presenza costante del vicino, ma impedisce di fatto di vivere una vita regolata da leggi impersonali appunto, in cui se uno vuole può vivere la sua differenza seza subire l'ostracismo (come capita a Barbara, ma anche a Vanni in fondo). una cultuta dove non manca, come detto l'individualismo, ma vissuto più come ostilità per il vicino che come progetto personale: proprio l'agire di vanni - che dopo aver iniziato dentro la tradizione - non sa trovare altra strada che quella della 'devianza' distruttiva (furto, violenza, assassinio) e che finisce per considerare - in un formidabile cinismo - tutti i vicini come 'oggetti' utili al suo personale progetto,provocando loro una serie consistente di guai. Assenza di responsabilità ptroprio in opposizione alla matura etica di Saro, che ricomincia la vita dopo il lutto e la ricomincia proprio in forme anomale e contrarie alle rigide chiusure del paese.

b. secondo rilievo, i luoghi

- la miniera (e la Montagna).Come già detto è un segno chiaro della modernità: in un paese come l'Italia del dopoguerra,ancora poco industrializzato, specie nel sud, è proprio la miniera che indica l'appartenenza del mondo itaiamno alle logiche del mercato già mondializzato. ma ha anche un valore simbolico preciso, specie che la si collega all'immagine finale del film: la montagna, bianca di neve, da cui scendono i clandestini verso la Francia: un sorta di viaggio dantesco,nel senso che dal fondo dell'abisso sottoterra (l'Inferno) attraverso le peripezie di un falso Ulisse arrivano infine laicamente grazie alle propie iniziative sull'alto della montagna, in cima al cielo, pare di poter dire (visto il sereno dopo la tempesta, vista la neve che tutto copre e consente di immaginare un mondo nuovo). un 'cammino' della speranza appunto.

- la cantina: come nella tradizione manzoniana luogo di incontri buoni (amici, vino, affari) ma anche di imbroglioni (il procuratore)

- il treno: è il segno stesso dell'uscire dal chiuso del paese (di cui è ancora segno metonimico il pulman arrancante). affacciati ai finestrini entrano in contato con l'altro, certto a distanza. ma soprattutto i singoli cominciano a diventare comunità

- Roma:laddove si celebrava in genere il viaggio di nozze, una coppia si perde, a contatto con la polizia, la burocrazia,la ampiezza delle distanze, l'indifferenza delle persone

- l'Emilia

- la Montagn

c. Terzo rilievo : le persone (il sistema dei personaggi)

- perché non contadini ma operai? L’operaio ha già acquisito la mentalità del capitale (movimento, quest e non stasi: la “circolazione” delle persone oltre che delle cose e dell denaro!)

-perché protagonista vedovo? Apertura al cambiamento, asimmetria da recuperare entro l’equilibrio “naturale” della Famiglia Naturale (cfr. valori borghesi e movimento e proletariato cfr. Pasolini)

-perché matrimonio veloce in contrapposizione a chi non vuole il matrimonio? Come sopra: la società richiede ordine, cioè riti, che diano ‘misura’ al Sé nucleare. Vanni è il fuorilegge non tanto perché ha compiuto furti e omicidi – non se ne parla – ma perché non si sposa la’amata, la costringe a sfidare l’etica chiusa della comunità).valore positivo dei due giovani che prima di star fuori di casa insieme fuori dalle regole, provvedono al rito. E questo rito – stari insieme- diventa un copione che la ragazza segue spontaneamente nel momento della separazione dal marito: rito come fonte di autodeterminazione, come capacità di andare verso l’Altro,il rischio)

- quale la relazione comunità e deviante? Condanna, esclusione, fisica e sociale (sacralità della tradizione: le basi della società che vuole evitare il Nuovo, lo teme)

- Quale la relazione del protagonista con il deviante? Nella relazione personale emergono soprattutto emozioni – attrazione, piacer, dolore – che vengono catalogati e organizzati dai sentimenti (gelosia, odio, amore, onore): il Duello è la forma rituale arcaica per regolare questo livello di relazionalità personale, fino a determinare nuovamente l’ordine (Girard la violenza, il capro ecc.)– distruttività - vs amore –autobiografia ( Saro promette un futuro migliore, una struttura riconosciuta e non rischiosa di felicità alla donna altrimenti condannata alla ‘perdizione’ – si pensi alle scene in cui la ragazza appena sposata cerca il marito per le strade di Roma: subito le tentazioni sordine dell’automobilista..)

Perché l’incontro con gli emiliani? Conoscenza dell’Altro modo di essere contadini (coscienza di classe vs individualismo da paese: costruzione di un Sé autobiografico della categoria del proletariato, che si costruisce una identità attraverso memoria e copioni) . conoscenza dell’impersonalità pure nell’ Identità di classe: non cosciente come nemico da aggredire (ma uno dà assistenza)

Perché si muove il ragioniere ? il piccolo borghese che supera le diffidenze di inizio novecento e si allea finalmente con l’operaio,il proletario. Con la sua analisi è capace di vedere l’affinità che lo lega ai minatori, al di là delle differenze (cultura, lavoro,sensibilità, problemi).portavoce di fatto incolpevole delle logiche della razionalizzazione capitalistica – la fabbrica chiude per i conti in rosso- è solo un tecnico, non capace di ‘leggere’ la cornice che spiega in modo diverso i numeri. Prigioniero della logica tecnicistica dei numeri. Ma avverte l’assurdo di questo sistema e cerca quasi il riscatto aderendo al progetto dei minatori. Nel volto dei minatori riconosce l’uomo, lui che chiede ai minatori in sciopero di ‘guardarlo’

Perché il ragioniere ha il cagnolino?humanitas è nell’artificio, nel decidere che si è uguali a quello che non lo è per natura (cltura borghese, capace di levarsi sopra i bisogni elementari del ‘pane’)

Perché muore il ragioniere e non altri?sul pieno del narrato perché è vecchio, debole; ma anche perché pietoso, si perde dietro i buoni sentimenti (cerca il cane, l?altro per eccellenza, cioè l’animale). Sul piano del Simbolico è il capro espiatorio : la parte materiale, la carne del capitale, responsabile di quel che succede ai minatori

Perché il mediatore?1. la scopertaa che l'Altro è dentro il tuo mondo, è appena fuori la porta (in effetti è uno che non fa parte del paese,anche se parla e agisce come quelli del paese;incarna il tipo del 'furbo', di 'quello che ci sa fare'). 2.il capitale è un concetto che non esiste se non attraverso individui particolari, ognuno responsabile delle scelte economiche ecc., responsabile del volersi muover eentro la realtà come viene rappresentata o fuori, verso un cambiamento. In effetti porta il virus del ‘senso di realtà’: allo sciopero contrappone la logica interbnma al capitalismo della circolazione di uomini.

d. quarto rilievo , la tecnica

Inquadrature: campi lunghi (focus su elementi sociali), primi piani (sui sentimenti di alcuni protagonisti) . cfr. dettagli. In particolare sorriso bimbo / risposta agente: scena lunga a sottolineare il passaggio da una distanza ad una vicinanza (sia nel bambino che nella guardi

Musica. Vitti na crozza. Tragedia ma tono allegro

Parole : discorso finale del narratore onnisciente che dà l’interpretazuione della vicenda (cultura pedagogica del neorealismo: si tratta ancora di formare una opinione pubblica, a partire dall’uso efficace del cinema – cfr. propaganda fascista ecc.)

IL SOTTOTESTO

QUEL CHE NON SI VEDE

Livello macro:

la rappresentazione della violenza emerge a due livelli : quello della violenza diretta (la polizia, onnipresente, ovvero quella dello stato; quella del duello dieretto tra Saro e Vanni); quello della violenza di sistema (impersonalità dell’economia capitalistica:miniera, campagna emiliana;impersonalità della burocrazia: polizia)

Livello micro:

fondante in tutta la vicenda è la contrapposizione biologica fondamentale, tra la sopravvivenza legata allo stare e quella ffavorita dall'andare : ovvero routine, ripetizione, economia energetica, rassegnazione (caratteri della comunitàa cui alcuni riescono a sfuggire, altri ci provano ma desistono, e i più si arrendono senza nemmeno porsi il problema) in opposizione alla modalità del cambiare, ricercare, di 'sprecare' energia (si pesni alla jouissance di Bataille), di richiare . insomma l'opposizione della condizione di chi vive (ma non ha 'coscienza') a quella di chi vive con la consapevolezza delle sue scelte.

secondo il modello di Damasio,

-il primo livello è quello del del proto – sé = routine, sottomissione all’omeostasi naturale;

-il secondo livello è quello del del Sé nucleare = violenza diretta (Vanni)o indiretta - distruttività (sciopero)(Sé nucleare)- scoperta dell’Altro da Sé, del Bordo che chiude (coscienza dell’esistenza dell’Altro) (Vanni ad esempio)

-infine il terzo livello è quello del Sé autobiografico = sedimentazione e rielaborazione della memoria in termini di script e copioni autodeterminati; superamento del bordo (autocoscienza come costruzione di bordi). Costruzione di omeostasi artificiale (Saro)


 
 
 

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