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L'uomo che verrà.

  • orso bruno
  • 6 gen 2016
  • Tempo di lettura: 18 min

"E' accaduto,quindi può accadere di nuovo" Primo Levi

L’uomo che verrà. Giorgio Diritti.2009

Il fatto

Si racconta un evento verificatosi in Italia durante la seconda guerra mondiale: noto come “eccidio di Monte Sole”, viene in genere ricordato come “ strage di Marzabotto”, dal maggiore dei comuni colpiti. In effetti fu un insieme di stragi compiute dalle truppe naziste tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, nel territorio di Marzabotto e nelle colline di Monte Sole in provincia di Bologna, nel quadro di un'ampia operazione contro la formazione partigiana chiamata Stella Rossa. Questo episodio storico è uno dei più gravi crimini di guerra contro la popolazione civile perpetrati dalle forze armate tedesche in Europa occidentale durante la Seconda Guerra Mondiale.

La scelta

Le dimensioni di guerra ‘totale’ propria della seconda guerra ancor più che della prima sono percepibili solo se si sposta l’attenzione dalla tipica scena delle guerre ( che vede in azione generali e politici, soldati e cannoni) al fuori – scena (in latino ob – scenum, l’osceno), fino a qualche decennio prima – appunto – rigorosamente estraneo al ‘campo di battaglia’.

Quindi una situazione quotidiana che viene in modi diversi modificata dalla presenza vicina della guerra fino all’esplosione della distruttività contro quello che una volta era il fuori – scena.

Insomma fino al ‘900 le guerre, più o meno assurde, erano comunque un fatto di professionisti specializzati: prima i cavalieri medievali, poi le compagnie di ventura,infine i mercenari della modernità. I civili semplicemente erano esclusi / esentati. Anche quando arriva l’esercito ‘nazionale’ fatto dai coscritti di un paese le battaglie rimangono questione di specialisti: come in fondo oggi per una qualunque ‘gara’ sportiva, c’erano quelli che si afrontavano e quelli (i più) che guardavano e aspettavano la conclusione del ‘duello’.

La dimensione ‘totale’ della guerra del Novecento porta alla percezione definitivamente laica della guerra come uno scontro non di uomini più o meno valorosi ma di popoli, più o meno organizzati o organizzabili in vista della vittoria, nella loro totale struttura di nazione che lavora, produce, lotta.

Entro questa nuova cornice il nemico non è più solo quello che porta una divisa diversa dalla mia ma chiunque stia al di là della mia frontiera. Anche che rimane in campagna o in fabbrica è un vero e proprio nemico da eliminare in quanto reca supporto allo sforzo bellico di chi si muove in divisa.

La lucida forma di disincanto porta alla progettazione di nuove tattiche e nuove azioni militari.la lucida consapevolezza che per vincere occorrono risorse materiali più che coraggio spinge alla cinica scelta di allargare gli sforzi di distruzione anche ai civili in senso lato. Bombardamenti soprattutto, sulle grandi città,ma anche decimazioni, ritorsioni,pressioni sui civili. uguale sempre la mescolanza tra civile e militare strictu sensu: diversa la distanza, che rende loperazione più o meno disumana: il bombardiere ammazza sicuramente anche donne e bambini, ma non li vede;per lui c'è una astratta dimensione come 'città' che tiene a distanza le realtà concrete dei singoli. i rastrellamenti invece mettono i soldati a contatto diretto delle persone: i soldati vedono, percepiscono i colori, i volti, ascoltano i lamenti e le parole delle persone che stanno per uccidere. il risultato è lo stesso (ammazzare inermi e incolpevoli) ma la percezione è diversa: i piloti dei bombardieri sono rappresentati nell'immaginario collettivo come cavalieri dell'aria, i rastrellatori come iene feroci. (i terroristi postbellici in fondo continuano ad adottare questa mescolanza: e come i bombardieri non vedono davvero le loro vittime;a meno chè l'azione non sia dedita al sacriificio personale..).

La vicenda raccontata da Diritti consente proprio di capire quanto e come la guerra anche nei posti più sperduti, apparentemente lontani dalle nefandezze violente della città,determina rottura di antichi equilibri fino alla distruzione.

L’eccesso del comportamento dei tedeschi e dei partigiani in questa situazione consente di misurare al meglio la dimensione della storia moderna al suo apice ideologico.

S’è già visto come la modernità ha evidenziato i difetti della razionalizzazione e dell’irrazionalismo: la truce ‘efficienza’ dei generali francesi in Orizzonti di gloria e la pienezza estetica dei protagonisti di Cabaret sono segnate da un eguale colore, quello del cinismo, dell’accettazione della realtà nella sua dimensione di ‘regola’ o di ‘limite’, allontanando le tradizionali forme di autoregolazione (di tipo sacrale o etico).

Ecco in questo film si mostra come quelle che sembrano situazioni lontane infine interagiscono tra loro. Il nazismo degli anni Trenta sconvolge la vita non solo dei tedeschi ma anche di tutta l’Europa, anche di chi non sa nemmeno che esiste la Germania.

le azioni dei partigiani (spesso velleitarie e fonte della reazione naziata) nascono dagli ordini lontanissimi dei comandi alleati, che nella loro visione d'insieme (dicono di 'teatro')tengono conto di parametri astratti, di grandi numeri: le morti dei singoli, come le rappresaglia , sono computate come male necessario per realizzare la 'vittoria'.

i paesani vivono il lor ciclo naturale e ,chiusi anche nelle conoscenze limitate che la lingua è in grado di dare,si trovano a trovare inspiegabili le logiche di chi combatte.sono del rresto vittime dei soprusi e basta. anche i prtigiani vanno da loro a requisire cibo.

L’inizio

La prima scena (un movimento macchina in soggettiva a rappresentare la visione di qualcuno che sale per le scale di una vecchia casa rustica in penombra) mette a fuoco subito proprio il senso della guerra in atto: un vuoto, una serie di camere e letti vuoti, che dicono che la vita non passa più per queste povere stanze. La successiva inquadratura di una bambina che si aggira per queste stanze confrontata con un rapido flashback dei momenti di pienezza vitale del passato (lei a letto vicino a quello dei genitori che fanno l’amore sotto le coperte) spinge subito lo spettatore a porsi delle domande, a non soffermarsi su emozioni facili.

Cos’è successo? Come mai la bimba è sola?

La successiva sequenza in esterno e alla piena luce del sole completa in effetto le informazioni di base che il regista propone allo sguardo perplesso dello spettatore: un campo lunghissimo, un’erta trasversale di colle che sale, una cresta con una figura che s’arrampica e che infine si accosta a pregare, ponendo fiori, vicino ad una icona sacra (una madonna con bambino). Non succede nulla, nulla che modifichi e spinga subito la mente a entrare in schemi consueti di racconti: ma sul piano ermeneutico ci si deve ancora chiedere perché questa donna sale’ perché porta fiori alla madonna?

In effetti già fermandoci a questo punto si hanno delle precise ridondanze che aiutano a formulare ipotesi di senso. ricordiamo che un’opera artistica vuole dire più di quanto le cose da sole non dicano: e che in particolare la messa – in – forma (la combinazione, ovvero il montaggio nei termini del codice cinematografico) è determinante per creare un effetto determinante di significanza. Nel caso le figure che agiscono in queste prime sequenze sono delle donne, di diversa età e situazione, ma donne: la bambina a rappresentarne la innocenza (che mai si smarrirà), la donna adulta a rappresentare la capacità di affrontare da sola l’impresa (questa sì eroica come si vedrà) di essere mamma; la madonna come icona culturale della consapevolezza del valore specifico della donna stessa, ovvero del suo essere – per – gli – altri.

Certo anche questa dimensione di altezza, di fissità, di rappresentazione, aggiunge un’altra dimensione alle scene suddette. Il vuoto, l’esistenza, hanno bisogno di una forma di trascendenza (non importa se sia reale o solo simbolica)per dare solidità e senso ad una realtà di sconfitta e di insensatezza. Il movimento intanto: è l’archetipo della quest, della ricerca, ricerca che nelle varia mitologie umane viene collegata sempre a qualcosa di specifico (una donna, il graal, un oggetto qualunque, la casa, l’onore..) ma che sta lì a dire proprio questa sostanziale assenza di senso delle cose. ognuno riempie questo vuoto di qualcosa di diverso: quel che ci accomuna è il percorso, l’andare appunto, il muoversi, il rifiutare di ‘stare’ lì, nella situazione in cui ci si trova più o meno per caso.

La donna del film si muove verso l’alto, verso qualcosa che sta sopra il materiale disordine della vita in basso, delle beghe e delle difficoltà di una vita tra i campi,le fatiche della campagna, le ambasce della gravidanza. Sapremo meglio dopo che ha già perso un piccolo: e la sua preghiera è appunto speranza di trovare una ‘magia’ che dia esito positivo al nuovo travaglio. La donna sa che è il dolore quello che procura la vita, e che questo dolore da solo non basta: occorre che ci sia l’Altro (qualcuno) che si prenda ‘cura’ di noi.

il Titolo

A questo punto intervengono i titoli di testa, a definire la tematica profonda del film: l’uomo che verrà. Ecco appare la parola precedentemente ignorata o del tutto secondaria (si intravede nel corso del flashback un corpo maschile avvinghiato a quello della madre della ragazza,ma senza volto) : l’uomo. Certo. Lo sappiamo, è un termine ambiguo, nel senso che può indicare un genere (il maschio) o un tutto (l’umanità). Al momento non sappiamo di quale davvero qui si parli. Ma è decisamente importante il tempo del verbo: un futuro che rinvia ancora ad una concezione moderna della storia, una concezione in cui ancora è il futuro a proporsi come attrazione, come segno positivo della volontà di emergere dal presente,quale che sia, di andare oltre la resa alle cose che sono, di abbattere il cinico e amaro abbandono alla ‘realtà’ così come è (come viene rappresentata e violentemente affermata).

Quale sarà quest’uomo? Di che tipo?con quali problemi’con quali soluzioni?

le parole di un capitano delle SS: "noi siamo quello che ci hanno insegnato a essere"

La scena finale dovrebbe aiutare a capire quale sia l’ipotesi che propone il regista: un campo lungo che sul fondo vede la casa rustica in cui sono vissuti i protagonisti e in cui s’è consumato parte dell’eccidio (assassinio della madre e e della nonna della bambina);in primo piano a fare da cornice, una serie di rami d’un albero che posti in orizzontale fanno anche da sostegno alla bambina che siede , col fratellino in braccio, di spalle a guardare la casa.nel frattempo c’è la vocina che canta la filastrocca per il piccolo. Il passato di dolore vine osservato, non dimenticato: e guardando ad esso sorgono musica e affetto per il debole che tu, ancora debole, senti l’obbligo di curare, custodire, semplicemente aiutare a sopravvivere. Lo stare insieme, dunque, non per divertirsi, ma semplicemente per dare ‘cura’ all’altro che ne ha bisogno. Nessun ideale di progresso e perfezione: solo ‘modestia’, accettazione pura e semplice del vivere, che acquista senso solo nella relazione, nell’intenzione di creare una relazione di tipo asimmetrico, in cui chi ha qualcosa dà a chi non ha. Questo è l’uomo che verrà. la società nel senso filologico, una coesistenza di socii che si associano per aiutarsi a vivere ..

Non visioni lineari, ma movimenti per così dire interni alla situazione in cui ci si trova gettati:non i ‘grandi racconti’ delle utopie della modernità (fonte di stragi e distruzione),ma semplice volontà di dare senso al segmento che separa la nascita e la morte. la figura del nonno malato a letto che osserva il volo circolare degli uccelli, i movimenti dell'aria e delle stelle, stà lì a ricordare come l'anziano ha visto quel c'è stato e ha imparato semplicemente che tutto torna al suo posto nella natura, che la vita è esattamente questo ciclo. si nasce ,per poi morire. ma la comiunicazione con la piccola e l'assistenza della piccola antiucipano già la metafora finale dell'uoimo che verrà: l'uomo che verrà non può essere che questa relazione asimmetrica in cui ognuno dà assistenza all'altro, nella sua debolezza: il malato e vecchio è assistetito dal giovane, chi non sa è assistito da chi sa..

Assunzione di responsabilità. Noi costruiamo ciò che insegniamo.

L'uomo che verrà è /sarà frutto di chi 'educa', allora. nell'antica comunità è l'anziano: e oggi?i media?il sistema dei media orientato solo al prodotto, all'utile economico' o la scuola? ma quale scuola?quella che prepara specialisti, tecnici, esecutori precisi e affidabili come le SS? o quella che cerca di educare uomini che prendano parte, che si rendano consapevoli, che si assumano responsabilità, che 'resistano', che si oppongano alle derive disumanizzanti ,con tutti i limiti imposti dalle situazioni reali?

Quale il ritmo del racconto?

Perché queste ipotesi di senso vengano a galla in modo chiaro, l’autore si preoccupa poi di dare allo spettatore tutta una serie di ‘indizi’ ermeneutici, che gli consentano di entrare con lentezza ma con certezza nella tematica che sorregge al fondo la storia. L’autore vive nella contemporaneità globale e postmoderna, nella cultura della crisi e della complessità, per cui va a rintracciare proprio nelle singole vicende comuni di ottanta anni fa i sintomi del pericolo che ancora oggi ci sovrasta. Il pericolo che ancor oggi cioè ci sia qualcuno che più o meno esplicitamente abbia il Potere di imporre una visione lineare (teleologica) della storia, riproponendo con forme e contenuti diversi gli stessi schemi di eccesso e rigidità (neoliberismo, geopolitica della globalizzazione)

Il racconto vero e proprio quindi si sviluppa con ritmo lento in modo da poter capire bene i dettagli (i satelliti di Seymour Chatman):in un certo senso gran parte del film sta a dire la cosiddetta ‘situazione iniziale’ topica di ogni racconto, per arrivare alla rottura dell’equilibrio attraverso una serie di piccoli fatti, che presi da soli non segnano alcuna trasformazione del quadro iniziale. La rottura dell’equilibrio quando arriva non ha certo l’aspetto della sorpresa, ma dell’accumulo tragico, della tensione che cresce progressivamente.

Una serie di quiete quotidianità di famiglie contadine: la preparazione del pane, una cena,le chiacchiere della fatica del vivere e del lavoro, le preghiere, una visita alla stalla,la vestizione della bambina, le baruffe tra ragazzi, il presepe,le recite dei bambini a scuola, il freddo e il caldo della campagna, la lavorazione del maiale …

Ma anche qualche presenza inattesa, all’inizio sporadica, poi sempre più tramante: un partigiano, dei tedeschi,un mercante, degli aerei in cielo, una famiglia che fugge da Bologna. Barlumi di un altrove di cui si parla quasi distrattamente: c’è una guerra là fuori lontano, e ogni tanto arrivano persone a portare le parole,le richieste prepotenti,le minacce in qualche modo di un pericolo possibile.

la prospettiva

La scelta di raccontare questa situazione attraverso l’occhio della bambina consente allo spettatore di condividerne le perplessità e i giudizi. Dal basso, per così dire, da un punto di vista privo di esperienze simili, da fuori come uno di noi che dopo settanta anni cerchi di volgere lo sgurado a fatti di cui ignora davvero tutto.

Non solo: la ragazzina non parla mai. Proprio come lo spettatore che pur partecipando alle vicende dei personaggi con empatia non può certo interrogarli e si limita a seguirli nelle loro scelte, nelle loro azioni.

Perché la ragazza non parla?e quando parla,in effetti cosa fa? Perché?

La ragazza non parla, come si capirà solo a metà film, per uno choc: le è morta tra le braccia un fratellino appena nato. Chiara l’allegoria: lo spettatore ‘puro’ non sa darsi risposte di fronte al ‘male’, alla distruzione, all’entropia. L’uomo adulto finisce per abituarsi allo spettacolo della morte, ad accettarla come qualcosa di cui magari è bene nemmeno parlare,m ase ne difende in ogni modo, coi miti, con i riti, con l’arte, con il cibo, con il sesso. Invece la bambina non adulta è ancora a interrogarsi sul senso nonsenso di questo evento traumentico. Il suo silenzio è appunto il segno della totale assenza di risposte umane a questo disastro che è la vita: si nasce per morire. Il cortocircuito della morte del neonato mette in evidenza immediatamente questa ontologica unica certezza, inaccettabile per chi cominci ad avere coscienza,per chi vuole avere senso delle cose,per chi si accorge che esistono gli altri…

Non parla, ma scrive: e come! Non parla, è già arrivata alla situazione della non oralità, della necessità del pensiero lento, della mente che invece di precipitarsi alle risposte veloci della sopravvivenza,si agita per cercare vie nuove e si pone domande. La madre e la maestra si ritraggono impaurite di fronte a quanto scritto, lo bruciano: quel che vaga per la mente va lasciato passare rapidamente, senza tracce, senza richi di comunicare, senza pericoli di cambiare la routine di sopravvivenza elaborata ai vari livelli..

la scrittura è una risposta alla pressione del qui e ora: nel presente siamo trascinati sempre dalle emozioni ( imaschi fuggono davanti ai tedeschi, perchè è la pèauira ,la voglia di sopravvivere a guidare la natura,il qui e ora),nella pausa della non passione, nelle ombre del silenzio ci sono i tempi lunghi della riflessione, del pensiero lungo, dell'argomentazione, della comprensione, della critica, della progettazione. nel caso della protagonista il suo scrivere (davanti il presepe, a scuola con preoccupazione della maestra e della madre, preoccupate del 'qui e ora' appunto) precede la effettiva comprensione e infine l'azione.

la comprensione è chiaramente costruita atrraverso tutta una serie di situazioni vissute con la distanza di chi vuol capire e non ha le parole per dire quel che sta davanti ai suoi occhi. ma è il vedere l'inesplicabile assassinio del 'buon' tedesco (quello che offre il pane, quello che gioca con le uova)a scatenare il passaggio dalla nebbia alla chiarezza, alla ricerca di una fonte auterovole che dia risposte. come un cavaliere arturiiano, entro il bosco assiste al monstrum e corre a Camelot (casa, chiesa) alla ricerca di una speigazione che di fatto non arriva, senon nelle forme simboliche della cresima ,della charitas, dell'esempio ,caritatevole appunto dei preti che danno senza nulla volere. la veste bianca della comunione segnala questo stato di 'gratia' che poi si sporca a contatto con lo sporco della violenza reiterata. e di fronte a questa violenza l'azione non è quella di altra violenza, ma di semplice 'cura' al piccolo, debole, inerme, il più debole tra tutti.

Ecco la crescita, la prova di iniziazione che viene a compimento: attraversare l'eccidio,il sangue, la morte, per dare senso alla vita. quella del bambino da continuare, quella sua da colmare di senso.

la fine

Alla fine è lei nel suo mutismo a muoversi sul sentiero della ‘cura’ già tracciato dalle altre donne di casa più grandi lei, la nonna e la mamma, ognuna a suo modo. È lei che corre a cercare di dare vita, sopravvivenza al neonato fratellino, mentre il padre, lo zio si sono rintanati lontano, egoisticamente attenti solo alla propria sopravvivenza, e cpace – il padre – alla fine solo di fare un gesto ‘estetico’ di totale inutilità, facendosi ammazzare una volta constatata la morte della moglie che ha appena partorito.

Alla fine la ragazza con in braccio il piccolo comincia a canticchiare una nenia da bambini: ecco l’uomo che verrà nasce dalla ‘cura’ gratuita che ci si dà, come fanno le donne. Il canto poi, non le parole:e un canto giocoso. L’uomo che verrà sarà nuovo solo se adotta gli schemi del ‘gioco’, dell’arte’, della consapevolezza di diover inventarsi l’umano, di dover assumere coipioni non naturali, dovrà ‘giocare a..’ ,non semplicemente abbandonarsi alle passioni facili o alla logica della razionalità. sarà nuova la vita dell'uomo nuovo se dominerà la relazione,l'attenzione gratuita al debole. non percorsi lineari, ma immediata dedizione al debole..ovvero rifiuto della violenza per creare Humanitas.

i bambini

Oltre alla protagonista, moltoi sono i bambini: finiranno praticamente tutti vittime della strage,ma sono seguiti compiutamente in mdo da proporre elementi di riflessione sul futuro che 'verrà', che è già venuto.

la scena più significativa dal punto di vista ermenutico è quella in cui, quando già sono cominciati ir astrellamenti e le esecuzioni, si inquadra con un piano americano in movimento, una fila di piccoli che stanno davanti ad un muro, con le mani alzate e con lo sgurado della paura a fissare la minaccia che incombe. a questo punto lo spettatore ha già assistito a violenze e immediatamente si sente prendere da un moto di empatia: "poveri bimbi, nelle mani dei cattivi tedeschi!" ormai li vediamo cadere sotto i colpi di mitra. ma quando il movimento macchina si allarga a cambiare la propsettiva e inquadra chi sta di fronte ai bambini, si vedono altri bambini che con bastoni e pezzzi di legno simulano una fucilazione: stanno giocando!! potrebbe sembrare una invenzione eccessiva del regista, quasi una presa in giro: invece sempolicemente la scena non fa che sintetizzare il vero problema dell'umanità. i picccoli non fanno altro che ripetere tutto quanto fanno gli adulti. gli uffciali nazisti sono convinti che è l'educazione a 'fare' l'uomo, a determinare i comportamenti degli adulti. ma qui l'allusione è ancora più 'postmoderna': ormai sappiamo dei neuroni specchio, ma da sempre si sa che l'apprendimento è un gioco conitnuo, una vera e propria conquista di 'copioni', che consentono di arricchire l'inconscio genomico, per sedimentare lentamente nel cosiddetto inconscio cognitivo, per determinare col tempo degli automatismi. le azioni degli adulti sono la prima e più empatica forma di apprendimento: si diventa adulti imitando gli adulti.

in questo caso, i bambini non stanno imparando parole di di tipo astratto, non astannno apprendendo modelli alti di valori ,di destra o sinistra. stanno semplicemente e immediatamente ripetendo quel che vedono. è così che si fa. è così che si è uomini.

l'uomo che verrà rischia di portarsi dietro solo questo sfondo di emozioni che presto diventano schemi di comportamento. la violenza di massa, la rapida efficace eliminazione di chi ti dà fastidio.

a questo punto si legge in modo non banale anche la serie di sequenze in cui i bambini stanno a scuola, corroino per i prati, si fronteggiano, ma soprattutto picchiano la compagna che non parla, proprio per la sua anomalia. le botte giocose dell'inizio, aggiunte agli spari per finta della fine indicano che non occorre molto a trascinare i giovani verso la violenza.

in fondo cosa sono quesi due ragazzi partigiani c he a cavallo ascoltano musica e di fatto 'giocano' a fare la guerra. con gioia, al momento, senza pensare al lungo periodo.

la musica

Quali le presenze musicali? Con quale significato?

La musica è presente nel film anche altre volte ( a parte la colonna sonora di commento): un ballo notturno in casa di contadini, una orgia di soldati tedeschi. Esempio di quel fascismo estetico di cui si è detto a proposito di cabaret. I giovani partigiani con le ragazze in fondo cercano di divertirsi: niente di male in sé, si potrebbe obiettare, ma le madri giudiziose sanno che queste pratiche sono fonte di guai (gravidanze indesiderate soprattutto, distrazioni pericolose entro la stenta economia di una società di sopravvivenza qual è quella povera della modernità delle origini); ma soprattutto i ragazzi che combattono ripetono qui il segnasle ‘estetico’ del loro muoversi, del loro fare la guerra (ad un certo punto passano due giovani partigiani su un cavallo e un grammofono). Agire senza tener conto dell’Altro delle responsabilità che hanno nei confronti delle persone. Le grandi parole degli ideali sono in fondo una sorta di trucco che copre la fondamentale voglia di vivere per vivere, del bel gesto. Ammazzano ora qui ora là, requisiscono, senza mai fare i conti col futuro prossimo, senza mai riflettere sulle conseguenze, su chi ne avrebbe subitole conseguenze. Si oppongono ad un nemico in nome della differenza, ma non hanno cercato di capire fino in fondo la oro diversa razionalità dell’etica delle’efficienza, dell’ordine. Quando arrivano i tedeschi i partigiani rimangono nascosti, in alto a guardare, ben attenti a non mostrare ‘cura’ per l’altro.

Naturalmente la scena dei tedeschi che bevono mangiano cantano e cercano di fare sesso è più semplice da interpretare: poco prima ci sono state le parole del loro comandante che rimprovera il parroco della loro colpa, non aver dato ‘educazione’ ai giovani che in quel momento combattono, ma anche agli anziani che non si piegano alla loro volontà. L’eccidio nella razionale logica utilitaria dei tedeschi è semplicemente la risposta ad un ingiustizia, ad una violenza che non dovrebbero subire: sono stati assaliti e ammazzati in effetti vari soldati, più o meno isolati, e questa è per loro una asimmetria da riequilibrare. Dove c’è legge – e la legge è sempre quella di chi vince e comanda – la legge va rispettata. Questa è l’educazione che evidentemente manca, secondo i tedeschi, ai contadini emiliani. La loro razionalità è estrema nell’eesecuzione degli ordini: apatia, efficienza. Si fanno mucchi e si ammazza con metodo, non affidandosi a sentimenti di vendetta persoanli. Tengono il conto dei morti, risparmiamno sulle munizioni, creano recinti per rendere efficiente l’operazione. Ma appena fuori dal protocollo si affidano al pathos altrimenti represso e si abbadono col vino all’eccesso, all’esaltazione della vitalità nelle sue forme più violente e disincantate. Nazismo e fascismo.

i maschi

Quali le figure maschili? Quali funzioni?quali differenze rispetto alle donne?

I maschi: figure della razionalità, figure della rigidità, del conflitto, della distruttività. A volte simpatici, ma alla fine sempre distruttivi: sia i partigiani che i tedeschi agiscono esclusivamente entro una logica di ‘parte’, puntando alla semplificazione del mondo in termini binari. O io o il nemico. Mors tua vita mea.

In fondo i maschi possono essere distinti in due gruppi: quelli con la divisa e quelli senza divisa. I primi sicuramente ed esplicitamente omologati ad una sovrastruttura esterna che dia la Guida, la Certezza, che incarni la Verità da seguire. E da lì puntare ad una direzione che si presume ontologicamente Vera. È lo schema teleologico che la Modernità laica ha ereditato dalle religioni monoteiste (ebraismo, cristianesimo, musulmanesimo): il disordine immanente finirà nel futuro, futuro che per le religioni è trascendente (dopo la fine del mondo. Dopo la morte: vari paradisi!), per le utopie laiche è immanenti (lo Stato di Diritto, l’Impero, la Nazione,la società Comunista, o Fascista, o Nazista, il Mercato). Per loro la divisa è segno di appartenenza e di adeguamento a delle regole, a dei protocolli da eseguuire. I tedeschi eseguono quelli tedeschi, i partigiani della Stella Rossa quelli comunisti, i preti quelli della Chiesa. Con delle differenze, è ovvio, circa gli intenti (i nazisti vogliono schiavizzare gli altri, i comunisti puntano alla liberazione dalla schiavitù,i preti alla costruzione di una comunità di fedeli della charitas), ma in fondo con metodi simili: acritica ripetizione di gesti e formule. Anche qui i preti sono assolutamente diversi:in loro – dopo secoli di sopraffazioni e secoli di esautorazione – è ormai chiara la necessità di esercitare qui in terra semplicemente non il Potere e la coercizione 8inquisizione, lotte antiereticali, lo stato pontificio, le politiche internazionali) ma semplkicemnte l’opera dello spirito santo, della relazione di ‘cura’. E in effetti loro si sacrificano, vengo massacrati insieme ai fedeli che cercano di proteggere. Gli altri uomini in divisa agiscono sull’astratto dominio di Idee platoniche che li rendono insensibili ai problemi concreti della gente comune.

Gli uomini senza divisa hanno più viva la percezione dei problemi concreti del qui e ora, della comunità di appartenenza: ma di fatto i maschi sono vili esecutori delle spinte naturali alla sopravvivenza pura e semplice. Si nascondono, scappano, sono di fatto inutili presenze. Che non esercitano la ‘cura’

Varie sono le scene in cui si succedono violenze per la violenza,anche se sotto le ali dell’ideologia comunitaria o della ‘educazione’.

Figure minori ma pure importanti per chiudere il cerchio della forma proposta, sono quelle del mercante / spia, del nipote spia, del vecchio paralizzato.

la spia è un occhio che assume un copione sociale , simula una appartenenza, per affermarne segretamente un'altra. è sempre una esistenza che si dà pienezza nella logica della separatezza, della distinzione, del Noi contro gli Altri. e in questo caso viene meno anche l'onore che in qualche modo la tradizione militare riconosce al duellante che affronta in modo scoperto il rivale: è uno che non sta alle regole e infrange doppiamente il comandamento umanistico del riconoscimento di sè nell'Altro. l'altro lo vede davvero come un ostacolo,anche e soprattutto quando parassitariamente si addentra nel suo campo, nel suo tessuto quotidiano, ne apprezza il dono, la generosità, ed egualmente cerca poi di distruggerlo, come ostacolo al proprio sè nucleare. esiste la spia se distrugge, e soprattutto se distrugge quello che in qualche modo conosce,le persone che conosce. insomma è passione allo stato puro, estrema estrinsecazione del fascismo estetico di una vita che è piena se si abbandona alle spinte dell'istinto.

il vecchio che sta a letto sta a testimimoniare da un lato la dimensione della cura (l'anziano ormai inutile viene comunque accudito e curato) e dall'altro l'attesa: la presenza della bambina che non parla ma agisce invita a ricordare lòa sostanza della relazione, opere, azioni appunto, non parole fanno la 'cura'. l'attesa consste nel guardare il cielo: è la condizione stessa del desiderio (della nostalgia delle stelle, del ritorno nell'aria, nel Nulla da cui veniamo). consapevole mutismo il suo di chi sa che le parole non servono a dare senso al percorso dalla vita alla morte (vicina)

è la dimensione di quella umanità premoderna che lontana dalle aspirazioni al progresso e alle magnifiche sorti e progressive che portano di fatto solo alla distruzione, si adegua alla 'misutra' tragica della 'misurrra', della 'modestia'.

ecco anche questo è un invito all'uomo che verrà.

E ovviamente tutti i bambini.


 
 
 

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