top of page

SEARCH BY TAGS: 

RECENT POSTS: 

FOLLOW ME:

  • Facebook Clean Grey
  • Twitter Clean Grey
  • Instagram Clean Grey
Cerca

babette e la modernità

  • bru
  • 12 feb 2016
  • Tempo di lettura: 32 min

La semiotica DI BABETTE: la cornice e l’evento

Trama

La vita di due sorelle trascorre tranquilla e appartata,nella routine di una vita comunitaria.la situazione cambia quando accolgono in casa come domestica una donna francese in fuga dalla patria:un ulteriore cambiamento arriva quando la donna,venuta in possesso di un’ingente somma di denaro, organizza un pranzo,con ingredienti e piatti sconosciuti alla comunità.

La cornice

È un film di culto,citato con riverenza ogni volta che si parla di cucina e venerato dagli appassionati quasi come fonte di “rivelazione” della via verso la felicità. Agli inizi degli anni ’80,quando cominciano ad avvertirsi gli effetti della crisi del petrolio del ’73 e sta diventando senso comune lo slogan punk del no future,l’uomo comune è certo pronto a ridimensionare le ambizioni e ad accettare l’idea che una vita migliore,cercata finora con accanimento nei tempi frustranti dell’utopia politica e nei terreni feroci della competizione economica,è a portata di mano,“qui ed ora”: a tavola,in cucina! È il mangiar bene che dona l’affetto,la cura,il piacere,la gioia di vivere,la sicurezza e la realizzazione di sé,tanto necessari per vivere bene!

Il successo di pubblico è stato accompagnato anche da un successo di critica, che è continuato nel tempo, perché non ci è limitati ad osservare ll film con le solite necessarie categorie da cinefili, ma si è andati a cercarne le ragioni del successo nella presenza di eventuali strutture profonde,antropologiche,religiose, psichiche mistiche,

i fatti certi sono che la sceneggiatura nasce da un racconto di Karen Blixen,e il film esce proprio quando,con l’avvento dell’edonismo reaganiano,si cominciano a manifestare i primi sintomi del prossimo trionfo dell’homo psycologicus globalizzato,della sua ricerca illimitata di piaceri hic et nunc. Il film è un vero e proprio synthome . della crisi della fiducia nel Significato fino ad allora attribuito alle cose:visto che gli schemi culturali finora fondamentali per spiegare il mondo si rivelano inefficaci a fronteggiare i cambiamenti sempre più numerosi e imprevedibili,se ne cercano altri a cui “credere”. Così, nei fatti,prima ancora che nelle teorie,si ci addentra in una nuova temporalità,quella della performance,del ritmo, della densità della situazione: insomma ci si affida maggiormente alle pressioni del corpo,al richiamo della sua immediata necessità di risolvere i bisogni essenziali del continuare a vivere e dello star bene giorno per giorno. Entro questa nuova sensibilità, le pratiche del cucinare e del mangiare finora percepite dal senso comune come necessaria bassa routine acquista improvvisamente un’aura,già riservata alle opere di spirito,che la proietta verso le atmosfere rarefatte dello stile.

Sta di fatto che nei decenni successivi il film è entrato a far parte dell’immaginario collettivo europeo come una sorta di incunabolo, un vero e proprio modello antropologico che rischiara le esistenze buie dell’uomo globale:insomma la fonte della rivelazione della Legge del Cucinare e Mangiar bene. Siamo nei paraggi della Felicità

In effetti la storia di Babette è una sorta di iniziazione alla conoscenza del mondo sub specie culinaria: se finora le cose del mondo per avere un senso,andavano classificate con le categorie del Bene e del Male, della Responsabilità e dell’irresponsabilità, del Peccato e del Merito, adesso si comincia a distinguerle anche attraverso le distinzioni che razionalizzano,che danno forma cioè,al cucinare e al mangiare.

In questo senso il film propone un vero corso di semiotica del cibo, che si viene percepito subito anche come un’etica (non solo) del mangiare. Lo spettatore medio,fin’allora corpo distratto che si limitava a soddisfare alla fame e percepire come colpa l’eventuale passione per questo o quel piatto, impara che

  • due sono le modalità fondamentali con cui porsi di fronte al cibo,una antica e l’altra moderna:la prima è caratterizzata dal segno della mescolanza, la seconda da quello della distinzione, la prima espressione dalla gestione dell’esistente (si limita a cucinare quel che trova sul territorio);l’altra dalla volontà di cambiare le cose del mondo (va a cercare lontano quello che non ha).

  • la prima è espressione di una comunità arcaica,l’altra di una società moderna

  • la prima significa conservazione,arretratezza,staticità ,dipendenza dalla natura,l’altra modernità, miglioramento, progresso,controllo della natura.

  • La prima comporta rinuncia,la seconda piacere

Insomma la cucina stabilisce una relazione con il mondo in termini di Significato:il mangiare è uno strumento (se non LO strumento) privilegiato per entrare a contatto con l’Ordine nascosto del Mondo

Di fatto il film è efficace nel dare sicurezza al “ senso comune” perché,al di là delle differenze di stile culinario, riesce comunque ad occultare l’orrore da cui nasce il cibo,cioè il fatto che consiste sempre e comunque nella distruzione di altre forme di vita. In effetti la cucina della mescolanza mira a questo risultato imitando,in un certo senso,le procedure proprie della magia per imitazione (Frazer): gli elementi vengono trasformati attraverso la preparazione e la cottura in modo da produrre come risultato una sorta di composto in cui non si distinguono con facilità le differenze di origine: è come se le parti della natura strappate ala loro vita venissero mescolate per imitare / riprodurre il flusso caotico delle cose che accadono, l’equilibrio originario di ‘fusione’ che la filosofia chiama “divenire”.

La cucina della distinzione, epifenomeno della generale tendenza moderna alla razionalizzazione,cerca invece di stimolare in chi mangia l’abilità di riconoscere le differenze (semantica),e le relazioni (sintassi) tra le varie componenti.

E si impara anche che questo modo diverso di relazionarsi alle cose determina anche opposizione sul modo di consumare il cibo. Da una parte la circolarità della mensa (che ripete in qualche modo la situazione delle comunità di raccoglitori e cacciatori) consente a ciascuno di prendere e combinare gli elementi a modo proprio, una volta rispettata le gerarchie del gruppo[1];dall’altro i cibi vengono presentati e presi secondo la successione lineare rigida del menù,e c’è chi siede e mangia e chi serve e guarda, giusto secondo un ordine che pretende ,ovviamente ,di proporsi come “ideale”,come Vero, corrispondente ontologicamente alle caratteristiche della natura. Il menù insomma come analogo dei protocolli scienza e della tecnica,una delle scoperte della razionalità dell’homo faber.

Proprio per rappresentare questa grammatica, il film presenta un struttura binaria: la prima parte è dedicata a rappresentare la quieta esistenza di una piccola comunità di pescatori con le sue pratiche di parsimonia e ripetizione;la seconda mette in scena un evento straordinario, un pranzo speciale che introduce in quel mondo uno stile di vita basato sull’abbondanza e sulla sorpresa.[2]

Il villaggio con la sua essenziale semplicità di ambiente e costumi è icona (non solo) cristiana dell’antropologia dell’autocontrollo, dell’astinenza, del rispetto del mondo così com’è. Insomma della rinuncia al corpo,come mezzo per avvicinarsi allo Spirito divino.

Il pranzo di Babette, invece, nella sua ricchezza di elementi e nella sua depense,è invece icona laica dell’antropologia moderna del piacere,dell’artificiosa volontà di costruire ‘forma’ qui in terra. È la concreta manifestazione della cultura umanistica dell’apertura alle ragioni del corpo, che può farci attingere alla “felicità” se non è represso ma educato.

La storia nasce proprio dall’incontro di queste due dimensioni dell’umano:il mondo senza tempo della comunità,il cui telos è rinviato all’oltreumano,al trascendente,all’oltretomba.;il mondo “storico” della società il cui telos immanente corrisponde ad un “ordine nuovo” da costruire tra gli uomini. Ebbene,entro questa cornice accuratamente descritta, emerge il senso profondo dell’improvviso gesto di Babette,che per anni vive dentro i ritmi astorici dei riti comunitari, ma coglie l’occasione per ridare vita al suo progetto di ridefinire il senso del mondo, di “fare e non subire la storia”, ma diremmo con ill linguaggio contemporaneo, in maniera “giocosa”, cioè postmoderna

Un indizio non secondario che dà peso a questa ipotesi è un dato apparentemente trascurabile: Babette è francese,non solo, è una francese in fuga,una reduce della Comune di Parigi del 1870. Come dire:la fuga della protagonista (particolare) “sta per” la sconfitta della rivoluzione (dell’ ’89 o del ’30 o del’48 o del ’70) dell’idea stessa di rivoluzione, dell’ambizione massima dell’homo faber (particolare / universale).

La condizione di B. (sconfitta,fuga) appare agli spettatori dei primi anni ’80 come uno svelamento della loro stessa situazione (fine dell’utopia,riflusso). Anche loro,avvertito il fantasma del Reale (il fallimento delle speranze di cambiamento,la mancata corrispondenza degli eventi col Significato in cui credevano)ricorrono alla fuga nell’altrove:il “riflusso”,il ritorno al privato, il rifugio nelle isole protette della famiglia, della musica, del ballo, del lusus, soprattutto del cibo. Così nel film Babette, una volta finita tragicamente l’esperienza della Comune, cerca ristoro, secondo gli antichi schemi classici ma anche romantici nell’altrove del locus amoenus,cioè in un luogo senza tempo,senza conflitti,ai confini o fuori del del mondo :appunto la sperduta comunità della costa occidentale della Danimarca:e lì si concede – una tantum – una giocosa e orgogliosa dimostrazione del suo antico stile di vita, il pranzo. Allo stesso modo, nella realtà degli anni Ottanta,i reduci dalla utopie fallite del ’68 e del ’77, per continuare a “fare storia”, senza rischiare ancora traumi devastanti, si adattano – per dirla con Recalcati – a “utopie minimaliste”: non più costruire una nuova società, ma dedicarsi a progetti limitati, come quelli della fame nel mondo, del consumo solidale, del buco nell’ozono e tanti altri problemi pur enormi, ma limitati e capaci di essere pensati come risolubili entro tempi e spazi precisi. Certo una delle forme con cui si manifesta questa “modestia” è appunto la gastromania, l’illusione che in fondo è storia anche cambiare il modo di cucinare e di mangiare. Insomma B. è percepita subito come un modello positivo non politico per dare ancora Significato ad un mondo improvvisamente senza senso politico. Per imitarla, basta limitare il campo d’azione: passare dal mondo puro e asettico della geometria a quello materico (odoroso e saporito) della “situazione”; dall’Assoluto delle Regole al Relativo delle Ricette!.

In effetti, per dirla alla Lacan, Babette è un prototipo del cosiddetto Soggetto post traumatico: vive nel Reale,entro il Significato che gli si attribuisce (“fare la storia,cambiare il mondo”);ma inevitabilmente si imbatte nel Fantasma del Reale - cioè le insensate frequenti interruzioni che distruggono la trama simbolica dell’identità dell’ identità del Soggetto (fallimenti di progetti, come malattie,catastrofi naturali, violenze esterne) ; e da questo trauma emerge un Nuovo Soggetto, in qualche modo autistico,che sopravvive alla fine della sua prima identità simbolica,ridisegnando un nuovo Significato,che si rapporta con le cose del mondo in modo ironico: ormai sa che la sua identità umana si regge sempre sull’Ars, cioè sull’ “essere quello che non è”, e che “fare storia” (l’Evento di Badiou) non consiste nel seguire il percorso obbligato di una Storia dello Spirito,ma solo nell’adeguarsi al kairòs dei greci. Insomma “fare storia” significa agire nella “situazione” di cui parla Debord, realizzare performance.

La comunità

In Norvegia c’è un fiordo- un braccio di mare lungo e stretto chiuso tra alte montagne -che si chiama Berlevaag Fjord. Ai piedi di quelle montagne il paese di Berlevaag sembra un paese in miniatura,composto da cascine di legno tinte di grigio, di giallo, di rosa e di tanti altri colori. Sessantacinque anni fa, in una delle casine gialle, vivevano due anziane signore.A quell’epoca altre signore portavano il busto e le due sorelle avrebbero potuto portarlo con altrettanta grazia, perché erano alte e flessuose. Ma non avevano mai posseduto un oggetto di moda,e per tutta la vita si erano vestite dimessamente,di grigio o di nero. Erano state battezzate col nome di Martina e Filippa,in onore di Lutero e del suo amico Filippo Melantone. Così comincia il racconto della Blixen da cui deriva il film: e così comincia davvero il film,che cerca di seguire il dettato della scrittrice,proponendo all’inizio, con un campo lunghissimo, un paesaggio dai colori sfumati,quasi grigi,fatto di cielo e terra e mare: entro questo scenario un lento movimento di macchina fa distinguere progressivamente un piccolo gruppo di case semplici e uguali,con camini fumanti, col sottofondo sonoro di onde e di stridii di uccelli. Evidentemente una natura livida, dura, ostile, entro cui l’uomo sopravvive aggregandosi in forme essenziali e paritarie.

A chiarire il ruolo centrale del cibo come segno ermeneutico,emergono in un campo lungo, sullo sfondo di quelle case, in primo piano alcuni merluzzi messi ad asciugare all’aria,in mezzo al fumo. Successivamente la macchina da presa segue il movimento di due donne che, vestite in modo dimesso,escono ed entrano in alcune case per portare aiuto a persone ,i cui primi piani rivelano la condizione dimessa di solitudine e malattia,vecchiaia. In una di queste scene, un vecchio prende avidamente da una scodella una zuppa. Il commento a queste immagini è di una voce narrante femminile, che infine ricorda,come nel racconto, i nomi delle due donne e con essi la chiave antropologica che tiene insieme i frammenti visti: il sistema simbolico che costruisce questo stile di vita (rapporto con la natura,relazioni sociali) è il protestantesimo, che forma esistenze parsimoniose e attente alla cura dell’altro, ma segnate dall’incombere della predestinazione.

Le sequenze successive chiariscono ulteriormente lo stile di vita della comunità: in un interno sobrio e in penombra, un gruppo di persone anziane si raccoglie intorno ad un tavolo, a cantare,nel ricordo dell’auctoritas del Decano fondatore; a parte,in cucina, c’è una donna ancora giovane a preparare del cibo,che porta al gruppo di fedeli nel momento in cui cessano il canto. Nell’insieme,la scena è un doppio della scena fondante delle comunità cristiane, quella dell’eucarestia, dell’ultima cena: gli adepti si raccolgono in comunità per pregare, con la guida di un auctor[3], il Decano fondatore, ormai morto e presente solo in immagine[4]. Domina la malinconia del tempo che divora, nella constatazione della morte del fondatore e della diminuzione degli adepti[5]. La distribuzione intorno al tavolo visivamente annuncia lo schema paritario delle comunità protestanti: non ci sono posizioni di privilegio,ma le sorelle sono si limitano a dare ordine pratico. Lo stare insieme corrisponde sempre ad un convivium, ad un’agape,ad una condivisione di cibo: ma rispetto allo schema eucaristico, c’è l’anomalia di un’inserviente, che di fatto non partecipa al rito, bensì lavora per la comunità che prega. . .

Il bisogno di dare senso a questa presenza impone il ricorso ad un flash back[6], da cui si ricava che

  • la condizione delle ragazze (non sposate) e lo stile di vita della comunità (parsimonioso) sono effetti – per dirla con Lacan - della Castrazione Simbolica,[7]raffigurata narrativamente dal carisma inibitorio del Pater / Pastor,la cui etica consiste nel controllo del corpo e delle sue pulsioni[8];

  • la causa della presenza di B. è da cercare “nel profondo segreto del cuore”:è traccia di un trauma del Reale (la scoperta giovanile della jouissance[9] da parte delle ragazze), il cui ricordo spinge – a distanza di tempo- a infrangere la norma puritana[10]. Insomma un atto di carità (si accoglie un fuggiasco) come eco di un inconfessabile Errore (momentaneo abbandono all’eros).

Sul piano strettamente narrativo, il flash back spiega quindi perché accadono quei fatti nel villaggio:c’è una tradizione su cui si costruisce un’appartenenza,c’è una anomalia motivata dalla contingenza (un francese capitato lì nel passato che suggerisce ad una francese di cercare asilo nello sperduto villaggio dello Jutland). Naturalmente tutti questi dati sono anche indizi ermeneutici da tener presente per dare senso all’evento finale del pranzo:se l’impresa di B. viene messa in rapporto con le azioni del cantante,si capisce che il pranzo è un modo per completare quel che non è riuscito prima: cioè portare l’eros entro un mondo senza eros,far scoprire l’importanza del corpo a chi lo reprime. insomma portare la modernità (cambiamento,corpo)entro una comunità tradizionale,che continua a cercare il Significato di un mondo ostile nel Trascendente,quindi nella compressione del corpo.

Ma questo Evento (cambiamento) viene solo quando il caso (kairòs) lo consente[11],quando – per così dire – arriva inaspettato: così come è una casuale vincita alla lotteria a modificare lo stato delle cose per B.,è l’apparente banalità di un pranzo che riesce là dove non sono riusciti i progetti di chi nel passato (Lorens,Achille) pensava di poter scalfire l’ordine chiuso della comunità. È infatti proprio l’evidenza dell’intento –per così dire- rivoluzionario che nel passato ha reso semplice la difesa,da parte della comunità, sia che l’attacco venisse dall’interno che dall’esterno[12]. Così dapprima, quando erano stati due giovani della comunità a chiedere la mano delle figlie del pastore,furono da lui facilmente convinti a rinunciare, semplicemente pescando,dal codice sacro con cui da sempre indirizzava la comunità tutta[13],le analogie bibliche adatte alla situazione (ma di fatto affermando la sua personale volontà di potenza)[14]. Insomma Nel momento del dubbio, ogni volta che c’è da scegliere tra due strade (corpo e mente), la soluzione è sempre e solo nel Libro Sacro, di cui il decano è unico custode e interprete: in superficie,l’ingiunzione (agli altri) è “tener a bada le passioni”,nel profondo la jouissance (sua) è “tener a bada i cambiamenti”.

Anche quando l’attacco arriva dall’esterno, nelle forme laiche di un ufficiale (Lorens) e di un cantante (Papin), che riescono a sollecitare nelle ragazze passioni e sentimenti fino ad allora sconosciuti, l’ordine viene facilmente ricostruito: nel primo caso basta far sperimentare al soldato l’ astinenza puritana della quotidianità del villaggio perché si ritiri;nel secondo caso è la stessa ragazza in pericolo,che allontana la minaccia per effetto dell’autocensura dettata dalla legge superegoica che sempre annichilisce ogni tentazione di spostamento[15].

Insomma dentro la comunità l’ordine è determinato da un doppio movimento sotto il dominio del Pastor: o è il “nuovo” che si allontana,incapace di accettare l’assoluto’ etico, o è il “vecchio” che da solo si vieta la trasgressione. E nel caso l’increspatura nasca dall’interno, basta richiamarsi alle regole,che sono sotto il segno del sacro.

Questa antropologia comunitaria non emerge solo nelle azioni e nelle parole dei vari personaggi: il segno più importante, nell’ermeneutica del film, è dato dal cibo. In effetti, fino al momento in cui appare l’Evento del Pranzo di B., sembra essere solo uno dei tanti dettagli di contorno, necessari per completare l’ambientazione del villaggio rustico: ma, a posteriori,ci si avvede del fatto che si tratta di una tessitura ermeneutica fine con cui la sceneggiatura costruisce il significato della storia. Tanti minimi dettagli che messi insieme definiscono uno stile culinario che porta dentro di sé tutte le caratteristiche appena sopra identificate come fondamenti della comunità ma anche un vero e proprio commento, un giudizio di valore .Si mangia poco e male: in solitudine (le sorelle da una parte,B. dall’altra;gli abitanti del villaggio sono inquadrati sempre soli,quando consumano la zuppa portata dalle ragazze); anche quando si sta insieme l’atmosfera è severa, perché si tratta solo di qualche rito sacro,in cui si celebra lo spirito e quindi la repressione del corpo. Si cucinano in modo ripetitivo i piatti ereditati dalla tradizione: esemplare la scena in cui le sorelle insegnano a B. la procedura con cui preparare l’ollebrod (letteralmente birra pane)[16]. Quando la scena viene occupata da B. la si vede prima guardare perplessa quello che le propongono (lei ha il compito,da domestica, di far da mangiare),e progressivamente introdurre piccoli cambiamenti: cerca erbe per variare i sapori, compra pesce fresco al posto di quello secco, mercanteggia coi pescatori e col droghiere per aver cibi freschi e più a buon mercato. Insomma non può non accettare lo stile della cucina del posto: lontano dal mondo del mercato, anch’essa si deve accontentare di quel che c’è nel territorio: proprio come avviene a livello generale. Nel senso che, per vivere, è costretta ad adeguarsi ai tempi e alle consuetudini del posto. Ma questo adattamento avviene sempre,come si vede dalle piccole azioni di cucina, con la “distanza ironica“ di chi sa che la realtà non corrisponde a un significato unico ma ad una costruzione: illusioni si sono rivelate la speranza di un ordine nuovo (Comune di Parigi), e l’ambiziosa celebrazione della alta cucina; illusioni sono le regole etiche e culinarie del villaggio. Cucinare – come “fare la storia” - significa trasformare (mettere in forma) le cose : ma è la situazione in cui ci si trova a determinare il risultato. Così, quando viene a contatto con una cucina ferma, rigida, diversa da quella francese, dinamica e creativa che (come si scopre alla fine) non solo conosceva ma praticava, si limita a cucinare e vivere – potremmo dire – col disincanto di chi sa che quel che sta facendo / vivendo è solo una costruzione, una imperfezione: sta sperimentando lo scarto che separa la prospettiva della sua prima vita da quella della nuova vita. Ed in questo spazio di passaggio percepisce come le due prospettive siano incommensurabili[17]. Tornando su queste scene, lo spettatore può ricavare il senso della – in fondo – strana decisione di B. di spendere tutti i soldi della vincita per creare un evento isolato, irripetibile. Nella sua mente,dopo una fase di moratoria, di esitazione psicosociale [18] arriva forse la convinzione che “fare la storia" è possibile:ma se si sa che il senso vero delle cose non è mai direttamente raggiungibile,che ogni Significato Simbolico è effetto solo di una prospettiva, ci si convince che l’azione umana è tale proprio nella capacità di dare forma a questa condizione di scacco. E il pranzo ne è la prova: non è se non una “citazione” fuori contesto di una pratica culinaria nata in e da un Sistema Simbolico diverso da quello del villaggio; una sorta di performance in cui anche i convitati finiscono per sperimentare lo scarto che c’è tra la loro pratica (la loro Verità particolare) e questa altra (Verità particolare). Ecco, in questa esperienza di straniamento, la Rivelazione!

La società moderna

Questa verità dell’errore,nasce come detto, dal (anzi NEL) passaggio da una prospettiva di vita ad un’altra. Il film ,come visto, si sofferma soprattutto a rappresentare le caratteristiche del villaggio, lontano da noi nel tempo e nello spazio. Ma per rinforzare nello spettatore la percezione dello scarto in cui consiste la verità, nello scenario del villaggio sono immessi –come già detto - altri due personaggi,per così dire moderni (Lorens e Achille), in modo da rendere più articolato il confronto tra le due diverse antropologie.

Il soldato e l’artista, irrompendo nel villaggio, sperimentano al pari di B., anche se in modo in modo meno profondo, gli effetti dello spaesamento. tutti,anche se in modo diverso, sono portati alla rivalutazione del loro modo di stare al mondo.

I due maschi (non casualmente maschi) pensano di potere / dovere “segnare il territorio” con la loro azione, ma entrambi falliscono. Il loro agire esprime due forme complementari della cultura moderna: per entrambi infatti il Significato della vita consiste nel progetto di identità che si riesce a realizzare, muovendosi liberamente per il mondo. Per il soldato il progetto consiste nell’affermazione sociale, cioè in una carriera di successo,mentre per l’artista nella realizzazione della propria autenticità. Il soldato si può considerare icona della figura del ‘tecnico’,tutto proiettato al successo legato come effetto della capacità di razionalizzare sia la sua esistenza che le pratiche di lavoro in termini di impersonalità e quindi di inautenticità. Al contrario per il cantante la crescita da perseguire è realizzare la propria differenza nell’arte del “bel canto” o nell’altrove romantico della natura selvaggia.

Il soldato - che nella vita in città non aveva mostrato la virtù dell’autocontrollo[19], strumento decisivo per far carriera nella società,cioè nel suo caso nell’esercito[20] - si illude di trovare nel villaggio, percepito da lontano come uno spazio libero dalle castranti regole della città, uno spazio di jouissance illimitata[21]: in concreto, nello spaesamento che prova quando è costretto a tornare nello Jutland[22], si lascia inizialmente affascinare dalla semplice bellezza di Martina:[23] ma quando, frequentando la comunità, scopre che il peso della Legge paterna è qui estremo, arriva presto a concludere che questo stile di vita è per lui “impossibile”, in quanto nulla concede al corpo (cibo sesso divertimento) e chiede totale dedizione allo Spirito,in forma assoluta. Torna allora al suo primitivo progetto di carriera militare, consapevole del fatto che non esiste libertà per l’individuo,che l’ esistenza può migliorare[24] solo attraverso l’autocontrollo: quel che si può fare è scegliersi solo il livello e il tipo di rinuncia. Così con la logica dell’utile e con la rinuncia al calore delle relazioni umane, sposa una dama di corte e arriva gli alti gradi dell’esercito.

L’artista[25] al contrario davvero pensa di aver trovato nel villaggio (cioè in Filippa) la possibilità di realizzare l’ideale di autenticità: arte e amore l’amore. In effetti anche lui ragiona in termini di progetti e di futuro: si innamora della ragazza, in modo quasi feticistico, nel senso che apprezza la sua voce in particolare, ma soprattutto si esalta all’idea della possibile carriera di cantante della ragazza. Questo progetto fallisce perché viene respinto direttamente dalla ragazza, che dapprima si lascia sedurre dal possibilità di migliorare la sua tecnica del canto,,ma poi si autocensura,in nome della Legge del Padre[26]:

La figura di B. contribuisce a completare la rappresentazione della modernità, Anche lei agisce per progetti, ma arriva al villaggio solo per necessità,visto che il suo progetto di vita (carriera da chef, ma anche partecipazione all’utopia politica) si è chiuso con una catastrofe. All’inizio prevale in lei la figura del profugo,ormai eco disincantata dell’immagine romantica dell’esule e brutale prova degli effetti del biopotere: bastano una lettera,una stampa,delle lacrime di B. rappresentare quali sono sui singoli gli effetti catastrofici di quegli eventi che in genere i libri di storia si limitano a catalogare con date,numeri e nomi. La morte dei cari,la persecuzione,la fuga,lo spaesamento, la riduzione al minimo delle prospettive e delle ambizioni personali sono il costo del vivere per B. : di fatto lei rappresenta il Fantasma del Reale della modernità. Nel senso che con la sua storia si fa vedere l’effetto distruttivo che le grandi ambizioni dell’Homo faber determina sulle esistenze dei singoli.

Successivamente B. è però portatrice di un’altra dimensione dell’esistere: attraverso il pranzo, la figura di B. vuol affermare che l’ordine davvero umano nasce dall’attenuazione delle istanze etiche a favore di quelle estetiche: dal dare ascolto a quello che piace più che a quello che si deve, dal costruire la propria vita non secondo parametri assoluti che vengono dall’esterno ma in base ad una costante dialogo tra le ragioni del corpo e quelle della mente. Insomma dare ascolto al Sé non più all’Io[27]:l’apertura alla jouissance,quindi, al corpo che vuole godere,cioè “vivere” e che per vivere si limita a dare pienezza alle situazioni in cui si trova. Quel tipo di pranzo raffinato in quel villaggio semplice introduce un modo di pensare al tempo che differisce sia da quello sacro della religione (che consiste nella riconferma attraverso i riti dei valori del tradizione),che da quello utilitaristico della laicità economico – politica (che pensa al tempo come denaro, cioè investimento per un utile futuro): il tempo di Babette è un esempio di acmè, come performance in cui realizzare,entro i limiti di una situazione, densità,pienezza,intensità. Un tempo senza telos, lontano da ogni idea di passato o futuro ritmato dalla necessità della depense,del dono.

L’essere /il divenire

Sulla base di quanto detto finora, è chiaro che nel pranzo che conclude il film, c’è anche la chiave per intendere il sottotesto: si può azzardare che la sua ’analitica rappresentazione, alla maniera dei Misteri medievali, intende far percepire allo spettatore, attraverso delle immagini, a cosa corrispondono, nella vita di ogni giorno, i concetti di “Essere” e il “Divenire”,spesso condannati ad essere registrati nel senso comune come astrazioni filosofiche lontane dalla vita reale. Gli atteggiamenti dei membri della comunità, chiusi entro una visione sacra delle cose, sono esempi dell’ “essere”; al contrario è icona del “divenire” la governante francese, nel suo adeguarsi alla situazione ma anche nel superarne i limiti. In termini etici: da un lato attori del “permanenza”, dall’altro del “movimento”.

Questo confronto,in genere sorretto da argomentazioni strutturate da indicatori logici come “se..allora”, viene sottolineato nel film ricorrendo alla tecnica delle scene parallele, che trasformano i concetti in azioni e emozioni: si alternano le figure del “divenire” ( B. che chiede, programma, viaggia, compra, elabora, prepara, organizza, consiglia, insomma modifica l’esistente[28]) e quelle dell’ “essere” (le sorelle che temono di infrangere la Legge del Padre.[29],congiurano,scongiurano,fanno incubi).

Da una parte l’idea che la vita consiste nella molteplicità e nella costruzione di forme propriamente umane (progetto,molteplicità)[30],dall’altra l’idea che la vita deve adeguarsi alla legge immutabile garantita da Dio (routine,monismo): pòlemos vs armonìa, conflitto vs adattamento.

La mentalità analitica del moderno detta anche la riconfigurazione dello spazio interno della casa: B. infatti separa nettamente gli spazi della casa, secondo il criterio che contrappone l‘ osceno alla scena: da una parte lo spazio sporco del lavoro,del sangue,della produzione (la cucina – bottega - officina),dall’altra la sala dedicata al pranzo,che subisce una vera e propria sublimazione tramite l’installazione di tovaglie,posate e bicchieri raffinati. E diverse saranno le presenze umane nei due ambienti: la cuoca,il carrettiere, il cameriere in cucina, gli “eletti” nella sala.

Così anche quando si arriva al momento del pranzo continua la narrazione per scene parallele: in cucina si vede sempre il movimento ininterrotto di B. che non mangia ma organizza e produce, detta i tempi e controlla, e ogni tanto la mimica espressiva del carrettiere che assaggia compiaciuto; in sala invece si apre in effetti un altro atto del confronto tra vecchio e nuovo, grazie soprattutto alla presenza inattesa del soldato ormai vecchio generale che emerge fin dal suo arrivo per i colori forti della divisa che contrasta con l’omogenea e anonima opacità delle vesti degli adepti. Anche qui pluralità contro monismo! In effetti è una sorta di virus che contribuisce stavolta in modo efficace a modificare la situazione stagnate della comunità,. Rompe il ‘patto’, l’ingiunzione del Padre (Decano) sostituendosi di fatto a lui: gli altri tacciono secondo la promessa che si sono fatti per evitare di “peccare”, lui è l’unico a parlare,dando forma “discreta” (Significato) al flusso generico di sensazioni, che affollano i palati. Di fatto sta assolvendo a quello che era un tempo la funzione del Decano,cioè dare senso al mondo tramite il Logos: non si limita a generiche esclamazioni di piacere (buono,squisito), ma indica con precisione l’identità dei vini e dei piatti, li collega con le proprie memorie e li proietta nella storia[31]. Così le strane pietanze che arrivano in tavola non sono più percepite in modo grossolano come veri e propri pericoli per la salute o intrugli demoniaci, bensì come prodotti umani, frutto di lavoro e ingegno, nonché capaci di suscitare benessere immediato.

Ascoltare le parole di Lorens e assaporare i cibi determinano un cambiamento progressivo nei presenti: se dapprima resistono all’inusitato col silenzio o con risposte ostili[32] presto imitano i gesti del generale, arrivando anche a usare le mani per meglio gustare il boccone. Per concludere queste schermaglie[33], Lorens,in piedi, facendo quasi il verso al Decano[34], pronuncia un vero sermone con cui invita i presenti non più alla mistica (“disprezzate il corpo”)ma alla pragmatica (“amatevi l’un l’altro”): spiega che il buon cibo,il sapore del buon cibo consente di scoprire il vero senso dello stare insieme in comunità,cioè scambiarsi confidenze, ricordi, solidarietà, tolleranza più pregare e cantare in coro. La chiave è il dono: “ciò che abbiamo scelto ci viene dato e ciò che abbiamo rifiutato ci viene accordato, perché misericordia e verità si sono incontrate,rettitudine e felicità si sono baciate”.

Il cibo di B. ha consentito di superare la consueta contrapposizione spirito / corpo per arrivare alla loro consustanziazione: il corpo (la materia, gli elementi che si mangiano) è limitato (controllato,guidato) dalle forme che la materia è costretta ad assumere da chi la cucina bene(rettitudine),l’anima è limitata (controllata a sua volta,guidata) dalla pulsione di piacere che è costretta a provare (felicità)[35]. In generale la chiave fondamentale è il dono: B. con la cena non offre solo cibo ma se stessa e le sue qualità, per consentire agli altri di vivere una ex – stasis, di “porsi fuori” dai ristretti confini della paura[36]; tramite il raffinamento delle pulsioni del corpo (cibo, arredo,servizio) esalta la componente propriamente umana che si denomina anima o spirito (l’artificio): tutto il lento preparare, tutto il lento trasformare è segno dell’ex – cessus, dell’andare oltre i limiti della fisiologia. Le pietanze complesse sostituiscono la semplice materia, l’arredo sostituisce l’indifferenza del modo, il servizio sostituisce alla volontà di potere l’asimmetria del cedere.

Il dono consiste nel superare la pulsione fisiologica della semplice sopravvivenza[37]. Vivere di per sé, a livello biologico, vuol dire semplicemente sopravvivere,continuare a “stare”, a mantenersi entro un equilibrio omeostatico: questo equilibrio è instabile perché si regge sul rapporto probabilistico ed economico che corre tra entropia (consumo di energia) e neghentropia (acquisto di energia); insomma, per dirla in modo analogico, tra dare e avere. È necessario “avere” per continuare a vivere. Ebbene il dono eccede questa logica utilitaria, ed è cifra dell’eccesso,dell’andare oltre , quello dello “spreco”[38], secondo cui l'essenziale non è conservare e ammassare beni, bensì dilapidarli.

Siamo contro la logica dell'economia di utile, che detta,anche se in modo diverso, i comportamenti sia della società comunitaria sia della società di mercato. Le sorelle fanno carità nel villaggio, praticano certo il dono, ma entro una cornice di individualismo ed di etica del risparmio: il Soggetto, consapevole del Male del mondo, sa che il Bene dipende da come agisce in qualità di Soggetto,ovvero dall’ autocontrollo, dalla capacità di rinunciare a qualcosa per darlo all’Altro: in questo modo sia acquisisce meriti di fronte alla Legge sia conferma la natura asimmetrica della relazione creditore / debitore su cui si basa l’ordine sociale[39].

Il pranzo di B., che secondo il progetto immunitario[40] della modernità dovrebbe nascere come progetto utilitaristico dell’individuo che per garantirsi sicurezza (munus) si costruisce crediti da cui si aspetta vantaggi, è caratterizzato però non dalla misura (dall’autocontrollo, dal calcolo mezzi / fini) ma dall’eccesso: all’inizio lo si può immaginare come un risarcimento del debito contratto da B. nei confronti delle sorelle (ospitalità)[41]; ma presto si capisce che c’è altro a guidare questa performance, c’è un desiderio di dare che nasce da un individuo che si pensa come passione più che come ragione: “consentitemi di dare tutto il meglio di me” afferma B. citando Papin quando cerca di far capire il suo modo di agire alle sorelle,esterrefatte di fronte allo spreco inaudito della festa appena finita. Il dono è l’unica forma di senso che può dare all’esistenza (alla Storia quindi) un individuo davvero umano, in un’ottica cioè laicamente consapevole che non c’è Significato che lo aspetta nell’aldilà [42]. B. sa che come lei poteva dare felicità (nella situazione limitata della cena) ai clienti del ristorante dove lavorava prima della catastrofe[43], allo stesso modo chiunque si senta ‘artista’, cioè capace di ars, di andare oltre il fisiologico (il senso del reale), di rischiare avventurandosi nell’artificiale (il senso del possibile) può sia affermare la propria individualità siaper affermare la propria volontà di appartenere, connettersi, legarsi all’altro. Umanesimo insomma come scelta (Godbout)e non come compito (Pico della Mirandola).

Le scene finali confermano che il cambiamento è avvenuto.

Gli adepti prima nel salotto si sottopongono alla pratica borghese del caffè, abbandonandosi finalmente a l’estrinsecazione di gesti d’affetto (carezze,baci), con l’accompagnamento del canto di Filippa, che finalmente da sola ripete e realizza il modello di Papin, un canto di puro piacere personale capace di dare godimento all’altro. Successivamente all’esterno, sotto un cielo colmo di stelle,presi dalla leggerezza, si tengono per mano[44] e cantano e danzano in circolo su ritmi lieti;

Il generale, come già rivelato nel discorso, ha trovato le risposte che si aspettava[45]: “in questo splendido mondo ogni cosa è possibile”. Al commiato da Martina chiarisce che ha finalmente trovato la chiave che dia equilibrio e senso al tutto: è sempre lui che detiene le parole per costruire il discorso, mentre la donna, tace e comunica solo con lo sguardo lucido di commozione. La loro è stata e sarà una unione in cui il corpo finora visto come un ostacolo diventa solo segno per un amore tutto spirituale, ma denso di passioni.

La stessa Babette quando rivela che non tornerà in Francia, di fatto va oltre l’idea che l’identità del singolo consista nell’appartenere alla nazione: lei sceglie di appartenere alla comunità del villaggio, ovvero di identificarsi con le nuove consuetudini, con la consapevolezza che è appunto una scelta. “la nostra scelta non è importante” dice Lorens nel suo sermone: in effetti il senso umano della vita (Storia) è tutto nella scelta, nella responsabilità della scelta. Ma la scelta non può più essere quella ideologica delle grandi Utopie, bensì quella minimalista dello stile di vita, del decidere di stare qui o là, ma con la costante umana del trascendere i limiti della Natura, del passare dal ‘prendere’ al ‘dare’. Anche se questo dare è possibile solo in certe situazioni (nel caso del pranzo, la vincita della lotteria)

Insomma la vita come performance, come kairòs:

Come collegare questo con la scena finale del film? Il piano medio fa vedere, dall’interno della casa, un riquadro di finestra;al di là dei vetri si notano fiocchi di neve che cadono nella notte; all’interno una candela che finisce di brillare e infine si spegne.

C’è una evidente intenzione allegorica. Per dare senso al dettaglio della neve, bisogna metterla in relazione con quanto poco prima è stato detto dai felici reduci della cena :“speriamo che non cada la neve” e con le parole di Martina che ribadisce la fede in un ordine trascendente. Le stelle prima esplosive ora nascoste sono i desideri[46].: e i desideri sono già svaniti, coperti dalla neve che, nella antropologia simbolica di Frye sta a rappresentare la fine, l’annichilimento di tutto. A sua volta la candela che si spegne è simbolo evidente di un consumarsi, un esaurirsi: la luce che svanisce è ancora una isotopia del topos del desiderio che finisce.

Il primo asse semiotico che si può attivare è quello dentro /fuori: l’interno è comunque luce e calore (c’è un fuoco per quanto live sia quello di una candela),mentre fuori c’è freddo e buio. Si può azzardare che l’artificio umano dell’abitazione corrisponde al segno generale dell’uomo di costruire difese artificiali contro la durezza della natura: è in fondo questa scena complementare a quella iniziale, dove si vedono spazi aperti freddi e case chiuse in se stesse e raggomitolate: questa scena mostra adesso, dopo le peripezie del fil, un interno cha appunto suona come risorsa contro la durezza del mondo così com’è.

La candela può essere variamente interpretata:a noi eredi della cultura classica immediatamente vien avanti l’immagine mitica del fuoco prometeico, a segnare appunto l’oltraggio di cui consiste l’umana ribellione agli dei, cioè all’ordine fisico della natura. Se è cos’ la fiamma che si spegna ricorda che sì la vita umana consiste in questa lotta, ma che alla fine non c’è un al di là. E il senso della vita è appunto nel bruciare, fin quando si può..

Ritornando allo specifico sistema testuale del film, allora la fiamma prometeica non può che essere il cucinare e Babette,ogni Babette di questo mondo, nella scelta quotidiana di dare ordine all’informe, è un Prometeo che tramite il fuoco (della cucina) continua sfidare gli Dei, cioè i nostri limiti..

[1] Nel film non ci sono scene così primitive:la comunità è sempre seduta intorno ad un tavolo; c’è la situzione pastorale,in cui c’è sempre un capo (nel film il decano) che sacralizza la situazione,dicendo formule, e riservandosi la prima scelta. Fin quando è presente,c’è ordine e tutti contemporaneamente bevono;ma, nel momento in cui muore il capo,sorgono piccoli bisticci anche nel prendere a gara da un piatto di pasticcini. Sintomo di una crescente conflittualità, che si manifesta anche nei battibecchi.

[2] Naturalmente anche in questa situazione esiste l’auctor, cioè lo /la chef: solo che se ne sta in genere nascosto,in cucina, e si relaziona con chi mangia solo indirettamente tramite i camerieri, che portano le pietanze, e le pietanze stesse che sono ogni volta un messaggio dello chef ai commensali, pietanze da trattare – come melle situazioni scientifiche – con le procedure dell’abduzione. Insomma c’è come una sfida tra lo chef che fa qualcosa con intenzione e il buongustaio che dalle tracce presenti deve ricostruire la “scena del delitto”, chio deve indovinare il cosa e il come!

[3] L’etimo della parola latina rinvia al tema del verbo augeo, cioè far crescere:auctor non è propriamente quello che in genere si traduce in italiano come”autore” di qualcosa, ma “colui che fa crescere”, colui che aiuta a prendere la forma necessaria,insomma la fonte di conoscenza e di modelli etici.

[4] Il Decano,ripete il ruolo di Cristo, è cioè un Pastor, figura propria delle comunità pastorali, che da solo fonda l’ordine sociale,come il Pater della famiglia patriarcale:”rispettato e leggermente temuto”,è percepito come ponte che collega le piccole certezze del mondo immanente con le forze invisibili del trascendente. È insomma la luce da cui emerge il Significato: e quindi è colui che discrimina tra Bene e Male,colui che dà Sicurezza.

[5] “Et in Arcadia ego”:anche nella comunità fuori della storia,vince l’unica inesorabile legge del tempo, quella della distruzione finale

[6] Questa procedura rivela in modo evidente come funziona la logica cognitiva del raccontare in genere: la semplice successione temporale (prima/dopo) raffigura la relazione causa/effetto : il visibile rappresenta (“sta per”) l’invisibile.

[7] Con questo termine Lacan intende l’opera di formazione che la società opera su ogni suo membro:i codici di qualunque tipo con cui si costruisce l’ordine impediscono ai singoli di dare spazio alla propria differenza,alla richiesta di riconoscimento per la propria specifica natura,simile a quella degli altri membri ma diversa.

[8] “argomenti come l’ amore e il matrimonio erano considerati futili” nella comunità. È in effetti il Pastor a dettare la parola (il Logos), a cui tutti si attengono,fino a farla diventare Verità. La quiete sociale è garantita dal permanere entro questi specifici confini.

[9] La disponibilità ad una storia d’amore (“matrimonio” con un soldato), la disponibilità alla cura del corpo (“bel canto” grazie ad un cantante lirico)

[10] B. viene accolta perché si presenta con il sostegno di una lettera di raccomandazione del cantante lirico che aveva fatto conoscere a Filippa i piaceri dell’arte e che, tramite l’arte, le aveva aperto le porte dell’eros.

[11] La vincita in una lotteria: ironica rappresentazione del futuro,in un mondo, quale quello senza tempo della comunità e quello bloccato dalla conservazione politica nella società moderna, in cui vale solo la rassegnata accettazione del presente. Proprio come oggi.

[12] Il biopotere oggi in effetti agisce allo stesso modo: manipola le menti non attraverso i discorsi del Logos,m ma attraverso le performance del corpo. non parlare, ma – ad esempio – mangiare sposta la visione del mondo, cambia i parametri etici in estetici..

[13] “Nella mia vocazione, le mie due figlie sono la mia mano destra e la mia mano sinistra”. In termini etologici è il maschio alpha del gruppo che impone la sua forza. In termini antropologici è il potere del Simbolico di “castrare” le differenze,le aspirazioni dei singoli,le loro aspirazioni:”nella comunità,amore e matrimonio erano considerati argomenti futili” . in termini psicologici è il centripetismo del narcisista che valuta le cose solo in rapporto a sé: “vorreste forse privarmene?”

[14] Non vuole che le figlie si sposino:è l’animalesco istinto che porta il maschio alpha a voler mantenere intatto il suo controllo sul gruppo. Ma il Significato che costruisce intorno a questo orrore nasconde la Verità.

[15] La sicurezza –questo dice la paura del fluire delle cose - è nel permanere,non nel cambiare.

[16] Si comincia da un esterno in cui appaiono i baccalà che stanno asciugandosi all’aria: Martina ne prende un paio;poi all’interno la serie di operazioni viene recitata e ‘nominata’ dalle sorelle. Mettere a bagno, tagliare a tocchi,mescolare acqua e birra, mettere il tutto sul fuoco. Infine un primo piano su due piatti fumanti che mette davanti agli occhi dello spettatore il risultato: un fluente composto marrone da mangiare col cucchiaio. Non secondario è il particolare di ‘nominare’ le parti della ricetta mano a mano che vengono presentate: fondamentale sarà nel pranzo la presenza del soldato Lorens che sarà l’unico in grado di ‘nominare’ i singoli piatti, distinguendone le parti e riconoscendo le relazioni.

[17] Gli sguardi perduti sul mare, i momenti chiusi nella camera sembrano essere una presentazione per immagini di quanto dice Zizek: “ La verità esiste,non tutto è relativo,ma questa verità è la verità della deformazione prospettica in quanto tale,non la verità distorta della visione parziale da una prospettiva unilaterale”. (La visione di parallasse,p.414)

[18] Questa è la formula che usa Erikson per definire lo stato di libera sperimentazione che in particolare il giovane ma anche l’adulto prova prima di decidere del tipo di vita che vuole per il futuro, che ruolo sociale vuole darsi: nel film ci sono alcune scene che precedono la decisione, in cui B. con il tesoro tra le mani rimane a lungo in silenzio a riflettere sul da fare.

[19] Nel flash back, per creare una cornice al personaggio, lo si mette in scena negli ambienti della società delle buone maniere: ma nei momenti e nei posti sbagliati si lascia dominare dalle pulsioni elementari (fa rutti, sbaglia i tempi delle danze, non controlla i singhiozzi..)

[20] Nello specifico dell’esercito, la progressione di carriera è determinata dalla capacità di darsi regole: per comandare ai sottoposti bisogna prima saper comandare a se stessi.

[21] nello spaesamento che prova quando è costretto a tornare nello Jutland, si lascia inizialmente affascinare dalla semplice bellezza di Martina. Cavalcando alla maniera romantica per lande desolate si imbatte nella ragazza che sta prendendo del latte da un pastore : lei sorride e gli par di riconoscere quel che aveva imparato a desiderare sui libri. “ era sorta ai suoi occhi l’improvvisa visione di una vita più elevata e più pura,senza creditori, o ramanzine paterne, e con un angelo al suo fianco”. In effetti sogna la fuga dalle responsabilità della Legge del Padre. Ma poi si accorge c’è un Pater ben più duro ed esigente, la Comunità che incombe sul singolo, lo dirige, lo rimprovera: quando ancora gli scappa un rutto,lo sguardo impietoso e disumano del decano lo ricaccia nella schiera dei reietti, degli inferiori

[24] “Fare carriera” è un’espressione che vale in certi ambienti di lavoro come sinonimo di progresso: un elemento particolare che rappresenta,nelle situazioni concrete, il modello cognitivo ed etico della modernità.come la società nel suo complesso ogni singolo deve volere il suo progresso.

[25] Inevitabile fare un confronto tra la musica del cantante d’opera e la musica dei cori di comunità:qui la ieratica collettività che ripete che ripete schemi della tradizionale gerarchia alto / basso,con assoluto controllo del corpo (si sta fermi,si muove solo la bocca;ma solo insieme con gli altri);là la dolce emotività del canto a solo (o a due) che sottolinea la dimensione corporea dell’esistenza,capace com’è di ricreare le pulsazioni del corpo che si muove

[26] Lei rinuncia quando, di fronte all’esplicita seduzione tentata da Papin[26] percepisce che la musica moderna, diversamente da quella sacra,è una potente arma di liberazione delle pulsioni che ,nascoste, giacciono al fondo anche del suo corpo. Insomma capisce che per lei il “bel canto” significa acquisire non solo nuove tecniche, ma anche valori etici nuovi, perciò vietati: la rivelazione avviene ovviamente sull’onda patetica delle note mozartiane di “Là ci darem la mano”.

[27] L’identità per Ricoeur è il racconto che facciamo di noi stessi: l’idem se sottolineiamo le differenze rispetto all’altro,l’ipse se sottolineiamo la continuità nel tempo del Sé,come attraverso le variazioni continuiamo a definire una invariante che permane. Nel caso di B. varia la sua relazione con gli altri,ma ancora continua a coltivare in continuità la propria qualità di “persona che cucina”.

[28] B. finora si è limitata a “stare” nella situazione trovata, limitandosi a recitare un ruolo di tessera entro un mosaico: ma adesso va oltre le consuetudini e varca i confini e va varcare i confini,insomma effettua dall’interno, una vera e propria invasione di esotismo nel villaggio, stupefatto a vedere quaglie e tartaruga vive,carri e pacchi misteriosi,frutta esotica e altre stranezze.

[29] Agli occhi delle sorelle B. assume una veste luciferina, di strega tentatrice che con foga profanatrice rompe i tabù e rovina le nuove generazioni (B. ricorre alla collaborazione di un ragazzo dai capelli rossi, archetipico segno di perversione). Cercano di porre rimedio invitando gli adepti ad una resistenza che comincia con l’impegno a non partecipare a quello che ormai appare un sabba se non con la presenza passiva:nessuna partecipazione emotiva,nessun commento.

[30] I piatti pensati da B. sono possibili in effetti solo entro la logica spaziale della mondializzazione,anzi del colonialismo che a livello politico ed economico esprime il passaggio dalla pulsione (che si soddisfa con cose concrete a portata di mano, nel luogo in cui si vive) al desiderio (che mai si soddisfa e cerca sempre nuovi spazi, e rincorre l’esotico, il nuovo, lo strano).

[31] Appena assaggia il vino si diffonde sulle qualità di quello specifico Amontillado, e poi mano amano riconosce i singoli piatti: il brodo di tartaruga con crostini di pane; il Blinis Demidoff con caviale e panna acida; lo Champagne Veuve Clicot 1860; soprattutto le cailles en sarcophage (quaglie farcite al tartufo e poste nei vol-au-vent, di cui precedentemente lo spettatore ha potuto seguire la complessa preparazione),che ricorda come “creazione di uno strano chef donna, capace di trasformare un pranzo in una specie di avventura amorosa, nobile e romantica, in cui non s’è più capaci di fare distinzione tra l’appetito del corpo e dell’anima.”);gusta più bottiglie di Clos Vouges,verdure alla julienne e continua a commentare il dolce e la frutta fino al caffè e al conclusivo Vieux Marc Fine Champagne.

[32] Quando Lorens precisa che si sta bevendo Veuve Cliquot,uno dei presenti gli risponde “domani verrà a nevicare”

[33] A d esempio, Lorens quando un adepto ricorda un presunto miracolo del decano (cessa la tempesta prima di un Natale) controbatte con il ricordo del miracolo laico di una cena straordinaria a Parigi, ad opera di una chef. Ancora non lo si sa ma era B. l’autrice del miracolo in questione. Ancora,di fronte alla frutta appena portata in tavola,lo stesso adepto di fronte al commento semplice di Lorens (avete mai vista un’uva cos’ bella) torna a spostare il focus dal corpo al sacro, e cita un episodio della Bibbia in cui si parla del trasporto di grappoli d’uva.

[34] Inizia ripetendo parole dette dal Decano davanti a lui,quand’era giovane in crisi ( “misericordia e verità si sono incontrate ,amici miei, rettitudine e felicità debbono baciarsi”) ma poi critica la fede nel telos (“nella nostra umana debolezza e miopia crediamo di dover scegliere la nostra strada in vita ma la nostra scelta non è importante”) e soprattutto l’idea della predestinazione luterana (“ la grazia di Dio è infinita. Dobbiamo solo attenderla con fiducia e accoglierla con riconoscenza. Dio non pone condizioni, non preferisce uno di noi piuttosto che un altro”)

[35] Quattro sono i modi con cui in genere si vive la relazione anima / corpo: 1.anima pura senza corpo,2 corpo puro senz’anima, 3 divisione in situazioni diverse (a volte anima a volte corpo) 4 falsa fusione salvaggia dell’ “autentico”,dell’infinità zen, dell’assoluto romantico. In effetti sono incompatibili, come agape (che esprime caritatevole empatia)ed eros (che esprime sfrenatezza della libido). Rari sono i momenti in cui i due momenti coincidono. E il pranzo di Babette è una di queste rarità

[36] “Tremiamo per il rischio e quindi corriamo,abbiamo paura”

[37] Godbout, il linguaggio del dono,le langage du don, Fides,Montreal,1996 (tr.it. Il linguaggio del dono, Bolati Boringhieri, Torino)

[38] La depense di cui parla George Bataille; ma anche il potlach dei Kiatkutl di cui parla Marcel Mauss

[39] L’orine sociale non non può essere nella equivalenza dei suoi membri, ma nella loro stratificazione, pena il bellum omnium contra omnes (R.Girard)

[40] La definizione è di R.Esposito,in Communitas,origine e destino delle comunità, Einaudi, 2006

[41] È ovviamente l’interpretazione delle sorelle che hanno del resto ragione a pensare che il gesto di B. sia una forma di sdebita mento. Ma è lei stessa ad aggiungere “non l’ho fatto solo per questo”

[42] Come invece continuano a ribadire le sorelle, prospettando a B. uno scenario di Paradiso in cui finalmente le sue aspirazione frustrate nella storia davvero troveranno realizzazione (cucinerà per gli .. angeli!)

[43] “potevo renderli felici quando davo tutto il meglio di me”

[44] Il contatto fisico dei corpi è escluso del tutto nella morale puritana,come pericoloso rischio di contagio dei sensi ai danni della mente, esattamente come nel mangiare non ci si deve sporcare le mani per mantenersi puri.

[45] Prima di andare alla cena, Lorens riflette di fronte ad uno specchio sull’inautenticità della sua vita: tornare al villaggio impone una riflessione sulla scelta di molti anni prima, quando preferì la carriera invece che l’amore.

[46] Si pensi all’etimologia della parola desiderio : de – sidus, giù dalla stelle!


 
 
 

Comments


© 2023 by Closet Confidential. Proudly created with Wix.com

  • b-facebook
  • Twitter Round
  • Instagram Black Round
bottom of page